Ieri l’addio ai canossiani: «Lavisani per sempre» 

La festa. Un po’ di maliconia, ma soprattutto tantissima gratitudine nel saluto della comunità Anche il vescovo Lauro Tisi a ringraziare i padri per il determinante servizio svolto in tanti anni


DANIELE ERLER


Lavis. «Per sempre nel nostro cuore». Ogni persona, a Lavis, ha vissuto il pomeriggio di ieri in maniera diversa. C’è chi si è lasciato andare ai ricordi, magari di un’infanzia ormai lontana ma che sono ancora vividi nell’esperienza dei protagonisti. C’è chi alla tristezza e alla malinconia ha preferito la gioia e il calore della gratitudine esternato con una bella e gioiosa festa.

È stato comunque un momento davvero denso di emozioni, per l’addio – dopo quasi cinquant’anni – ai padri canossiani. Padre Giuseppe Baccin a Lavis ha vissuto per 36 anni, ed è stato il più longevo. Lui ha sempre chiamato gli altri “anime belle”. Queste definizione, forse, è la migliore anche per gli stessi canossiani. In tutti questi anni sono stati un punto di riferimento, in grado di rappresentare per il paese un aggregatore sociale, non solo per l’educazione cattolica. La storia dei canossiani si è intrecciata con la vita di tanti giovani, fra ginocchia sbucciate sull’asfalto dell’oratorio, lunghe corse dietro a un pallone, falò nel freddo della notte di Dimaro, durante i campeggi che hanno rinsaldato e creato legami di amicizia e senso della comunità. Tutto questo, e molto altro, sono stati i canossiani per Lavis.

Cinquant’anni di storia

Non sorprende, quindi, che ieri ci fosse praticamente l’intero paese per dare l’addio ai canossiani. È stato l’ultimo capitolo di una lunga storia iniziata con don Luigi Zadra, nel 1971 (48 anni fa). L’allora decano era in cerca di una congregazione a cui affidare l’oratorio, dopo i recenti lavori di ampliamento. Scelse i canossiani essenzialmente per due motivi. Innanzitutto perché in paese, ai tempi, già c’erano le suore canossiane. E poi perché questa congregazione aveva sempre avuto, nel suo dna, una particolare attenzione ai giovani. Da allora, per Lavis sono passati 22 religiosi, in pianta più o meno stabile. Altri si sono aggiunti per poche settimane, magari in estate. Padre Giuseppe arrivò nel 1983 ed è rimasto nel paese praticamente fino a ieri, insieme a padre Stefano Lacirignola e padre Claudio Martin. Lo scorso maggio la congregazione ha deciso di lasciare Lavis, a malincuore e a causa della generale crisi delle vocazioni.

La festa d’addio

La festa d’addio è iniziata in un certo senso già sabato sera, con una sorta di serenata organizzata, a sorpresa, nel piazzale dell’oratorio. Ieri invece per la messa di primo pomeriggio è arrivato il vescovo, Lauro Tisi: la chiesa era stipata di persone, fra applausi e discorsi di ringraziamento. Sul finire, i bimbi hanno circondato i padri, con mani di carta colorata, a simulare un saluto. Poi la banda sociale ha scortato tutti all’oratorio, dove c’è stata la festa, finita solo a tardo pomeriggio. «L’oratorio è un luogo di comunità», ha detto il sindaco Andrea Brugnara. «Voi siete nostri fratelli e sarete lavisani per sempre», ha aggiunto Emanuele Meneghini, presidente dell’oratorio. Per Lavis si è chiuso così un capitolo importante della sua storia. «Vi voglio bene», ha detto padre Giuseppe.















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