LA SFIDA ECO

Idrogeno, Bolzano «stacca» Trento

Mentre il progetto trentino dei mini bus falliva, l’Alto Adige rilanciava. L’unico punto in comune? Gli investimenti milionari


di Andrea Selva


TRENTO. Sconfitti da Bolzano. Abbiamo perso tempo. Anzi, nella sperimentazione della mobilità a idrogeno siamo finiti su una strada sbagliata. Peggio: una strada senza uscita. E non lo dicono i consiglieri provinciali d’opposizione, pronti per definizione a puntare il dito sulla giunta provinciale. Questa volta l’accusa giunge (“con amarezza”) dal capogruppo del Pd, Alessio Manica che nell’aula del consiglio provinciale nei giorni scorsi ha chiesto spiegazioni all’assessore Mauro Gilmozzi, facendo notare che - a differenza del Trentino - la sperimentazione della mobilità a idrogeno in Alto Adige procede a ben altra velocità. Ma prima di approfondire questa vicenda bisogna chiarire che si tratta di progetti costosissimi su una tecnologia che ancora deve decollare e che da entrambe le parti - Trento e Bolzano - sono piovute critiche (e interrogazioni) per gli investimenti milionari.

Il Trentino ha scritto più volte (voce solitaria e accolta con fastidio) di quei due minibus costosissimi, annunciati in pompa magna come una sperimentazione di mobilità ecologica e poi finiti abbandonati (di più: nascosti) in un deposito di Rovereto. Ecco la storia in poche parole: la Provincia di Trento ha investito in due minibus di “produzione propria” (nel senso che sono stati realizzati dalla Dolomitech, azienda con sede a Villa Agnedo) salvo poi lamentarsi del fatto che in questo modo non c’erano possibilità di industrializzazione e di economie di scala. Risultato? Progetto abbandonato. Nessuna prospettiva. Troppo costosa la manutenzione dei minibus. Troppo complicati i rifornimenti, visto che l’unico distributore di idrogeno è stato realizzato (e poi smantellato) a Panchià. Qualcuno ha pure pensato che quei due minibus potevano essere ceduti alla Provincia di Bolzano, dove sull’idrogeno c’è stato molto più coraggio. Lo smacco sarebbe stato enorme. Alla fine è stata pubblicata una manifestzione di interesse per vedere se c’erano aziende disposte a gestire i minibus, ma l’appello è caduto nel vuoto: nessuno si è dimostrato interessato.

Così, a distanza di 3 anni dall’avvio della sperimentazione, quei 4,5 milioni investiti nei minibus possiamo considerarli persi. Anche perché la stessa Provincia di Trento ha deciso - a Rovereto - di seguire, qualche anno dopo, la stessa strada di Bolzano.

Mobilità a idrogeno, Trento e Bolzano a confronto

E allora, quale è la via altoatesina verso la mobilità a idrogeno che si è meritata vari titoli di giornale inneggianti alla mobilità green in chiave sudtirolese? Anche in Alto Adige i bus sono entrati in servizio nel 2013, ma in questo caso il progetto (decisamente più ambizioso, allargato ad altre città come Londra, Oslo Milano e al cantone svizzero di Aargau) era co-finanziato da fondi europei. Chi produce gli autobus altoatesini? La società EvoBus del gruppo tedesco Daimler, che distribuisce mezzi a idrogeno che circolano in tutta Europa. Non è finita: a Bolzano non si sono limitati a realizzare un distributore (come quello di Panchià) ma hanno realizzato una centrale di produzione di idrogeno, a Bolzano sud, usando pure i soldi dell’A22. Come è andata a finire? Gli autobus di Bolzano hanno percorso 400 mila chilometri, i nostri 32 mila. Gli autobus di Bolzano continuano la sperimentazione lungo i percorsi di servizio pubblico urbani, i nostri sono fermi in un magazzino. Nel frattempo a Bolzano è sorta una flotta di auto a noleggio alimentate a idrogeno che fanno il pieno a Bolzano sud. Ora l’Alto Adige rilancia e gareggia per acquistare (con contributi europei) altri 15 bus. E il Trentino insegue: la Provincia di Trento infatti ora è in gara per l’acquisto di 10 bus a idrogeno. Come quelli di... Bolzano. Nella tabella trovate tutti i dati che vi servono per farvi un’idea. Ma attenzione: se chiedete a un’ambientalista che ne pensa degli autobus a idrogeno vi risponderà che sarebbe meglio - in cambio - acquistarne molti di più a metano. Ma questa è un’altra storia.













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