I Dorigoni e il mulino che non vende la farina

L’edificio esiste dal 1810 ma il suo prodotto è sempre stato usato per i baratti Sono la famiglia dei «Brozi», per il birroccio dove il nonno caricò la sua sposa


di Giorgio Dal Bosco


TRENTO. Chi per mille volte è transitato in automobile da Trento verso Pergine, arrivato alla “Mochena” (da dove deriva il nome?), certamente si sarà detto almeno in un’occasione di non aver mai sentito parlare della farina Dorigoni tratta dal mulino che si scorgeva giù a destra – da tempo nascosto dalle barriere antirumore – alle Slacche (terreno melmoso dove sprofondano le ruote dei carri, ndr) con l’omonima scritta sulla parete della casa. Ti credo. La farina Dorigoni non è mai stata in vendita, (ora meno che mai visto che il mulino è soltanto un piccolo museo custodito dai discendenti Dorigoni e tappa per le scolaresche invitate dall’Ecomuseo dell’Argentario) perché fin dal 1810 – anno di “nascita” del mulino, così, almeno, attesta la Federazione fascista degli artigiani assegnando alla famiglia la medaglia d’oro – i Dorigoni non hanno mai fatto commercio, ma hanno barattato il loro lavoro di mugnai con i prodotti dei contadini del Civezzanese che conferivano loro il frumento.

Facciamo cominciare la storia di questa famiglia, detta anche “i Brozi”, dagli anni Trenta del secolo scorso, dai racconti fatti, cioè, agli attuali fratelli Sandro (1943) e Roberto (1946) dal padre e dallo zio. Dunque il nonno Cirillo, morto abbastanza giovane nel 1936, mugnaio, aveva avuto da Angela Molinari 13 figli di cui soltanto quattro erano potuti diventare adulti. Stando a un libretto nero che la mamma teneva in un cassetto, per gli altri nove vi era una amarissima cronaca telegrafica: “Oggi è morto il bambino che è nato tre mesi fa” (o il giorno prima, o un anno fa, e così avanti per gli altri neonati o già bambini). Oltre a Vittoria e a Livia erano diventati adulti Giuseppe (1913-2006) e Alfredo (1915-1987).

Alfredo, un mattacchione che non ce n’era un altro, prende una grossa delusione d’amore, rimane scapolo ma non perde la vena simpatica che lo rende un autentico personaggio di Civezzano, pronto con la sua Balilla, opportunamente adeguata, al trasporto di sacchi di farina o di frumento dal mulino ai contadini e viceversa, ma anche ad ogni forma di solidarietà: dal trasporto al punto nascita a Pergine della puerpera con le doglie, al trasporto della bara del compaesano. I vecchi di Civezzano ricordano perfettamente le sue battute caustiche in chiesa durante la messa domenicale appoggiato inderogabilmente all’acquasantiera. Alfredo era rimasto legato al fratello maggiore Giuseppe tanto da far parte integrante della famiglia, (i figli lo consideravano, apprezzavano e temevano come un secondo padre) che aveva messo su con Lidia Zanetti (1923-2012), una ragazza sfollata alle Slacche dalla bombardata Portela. Sono nati appunto Sandro e Roberto, Mariano (1948) e qualche anno dopo anche le sorelle Luisa (sposata Manica) e Lucia (sposata Dorigoni).

Sandro e Roberto “risentono” adesso zio e padre confrontarsi sul futuro del mulino che non avrebbe potuto avere un domani. É stato per queste ragioni che suggerirono (o imposero) ai figli (e ai nipoti) di cercarsi, non appena diplomati, un lavoro da dipendenti. Rivedono lo zio Alfredo partire e tornare con la Balilla dopo aver trattato con i contadini. Il papà, consigliere comunale e vicesindaco per molto tempo, uomo dunque proiettato nel sociale, era la “mente tecnica” dei lavori di mugnaio mentre lo zio Alfredo era il “public relations man” di Civezzano, dedito non a guadagnare soldi ma la fiducia, simpatia e riconoscenza dei compaesani per la sua disponibilità. Risentono il padre che spiega il perché del nomignolo “Brozi”: il nonno, infatti, era salito a Barbaniga, pugno di case vicino a Civezzano, a ritirare la dote della neosposa Angela con il “broz”, ovvero un birroccio.

Dunque il mulino è ora un museo vivente (tutto potrebbe ancora funzionare) frequentato ogni tanto dalle scolaresche. Dentro e attorno si respira un’aria antica sottolineata dal luogo, immerso nel verde e al riparo dei rumori della strada provinciale. I tre fratelli sono sposati. Sandro, impiegato da sempre delle Poste ed ora in pensione, con Donatella Dorigoni ha avuto i figli Michele e Alessandra ed è nonno due volte. Roberto, postino in pensione, con Adriana Casagrande ha avuto Emiliano e Gabriele ed è nonno di una bambina. Mariano ha sposato Erminia Bridi e ha due figlie: Stefania e Giulia.

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