«Guidavo io»: mamma a processo

I vigili avevano multato la vettura senza fermarla decurtando i punti al figlio: denunciata per falso



TRENTO. Dichiara di essere alla guida dell'auto del figlio e si ritrova a processo per truffa. E' capitato a una donna di 50 anni di Pergine accusata dai vigili urbani di Pergine di aver mentito per salvare la patente del figlio di 23 anni dalla decurtazione di 10 punti. Anche il ragazzo dovrà affrontare il processo per falso in concorso con la madre. I due sono stati raggiunti da un decreto penale che li condannava a pagare 7.500 euro a testa. Entrambi, però, hanno presentato opposizione tramite l'avvocato Claudio Tasin e si dovranno presentare davanti al giudice nel 2012.

I fatti risalgono al 5 febbraio scorso, alle 22,20, quando una pattuglia dei vigili urbani della polizia locale dell'Alta Valsugana che era ferma per controlli alla rotonda di Baselga di Pinè ha visto una Ford Fiesta avvicinarsi a velocità sostenuta. L'auto non si sarebbe fermata all'alt e si sarebbe infilata in una strada laterale. In marzo è arrivata la multa a casa del giovane, che risulta proprietario della vettura. I vigili, infatti, avevano rilevato 3 numeri di targa e riconosciuto la sua vettura che è elaborata. Con la multa, è arrivata anche la decurtazione di dieci punti della patente per due distinte violazioni.

La prima è quella di aver tenuto una velocità non adeguata al luogo, visto che la vettura era stata avvistata nelle vicinanze di una rotonda. La seconda violazione contestata era quella di non essersi fermato all'alt della polizia locale. Quando la multa è arrivata a casa sua, il giovane è andato al comando della polizia locale accompagnato dalla madre. Quest'ultima ha sostenuto che quella sera era lei alla guida. Poi i due, tramite l'avvocato Tasin, hanno anche impugnato la multa. Nel frattempo sono stati denunciati dai vigili per aver sostenuto il falso. Infatti i due agenti hanno dichiarato che l'auto era guidata sicuramente da un uomo perché il conducente aveva i capelli corti. Così la Procura ha emesso il decreto penale di condanna.

L'avvocato Tasin, però, ha impugnato il decreto penale sostenendo che la donna porta i capelli corti, a caschetto. Inoltre il legale sostiene che alle 22,20 di sera è quasi impossibile distinguere da lontano il volto di un conducente. Quindi non è dimostrato che i due abbiano affermato il falso sostenendo che guidava la donna.













Scuola & Ricerca

In primo piano