Grisenti: «Contro di me neanche una prova»

L'ex assessore pronto alla battaglia in appello. Ecco come si difenderà


Ubaldo Cordellini


TRENTO. «Nonostante un anno di intercettazioni e pedinamenti non è stata acquisita una sola prova certa dell'accordo corruttivo tra Silvano Grisenti, Fabrizio Collini e Stefano Oberosler». Gli avvocati di Grisenti, Vanni Ceola e Alessandro Melchionda, la bordata la sparano all'ultima pagina del ricorso in appello contro la condanna di Grisenti a 4 mesi per corruzione impropria.

Il processo d'appello si terrà il 14 ottobre e già si preannuncia un'aspra battaglia. Per quanto riguarda l'accusa, i pubblici ministeri del primo grado, Pasquale Profiti e Alessia Silvi, sono stati applicati alla Procura generale proprio per seguire il processo Grisenti. Anche la difesa ha messo in campo le sue armi migliori. Dall'esito del processo dipende anche il futuro in politica di Silvano Grisenti, che si è dimesso dalla presidenza dell'A22 all'indomani dell'esplosione dell'inchiesta Giano bifronte, il 16 settembre 2008. Quel giorno, la Guardia di Finanza arrestò imprenditori, presidenti di società a pubbliche e professionisti, ipotizzando un vasto sistema di corruttela organizzato per pilotare gli appalti in Trentino. Al centro dell'inchiesta c'erano i rapporti tra Grisenti e l'imprenditore Fabrizio Collini, che ha patteggiato e si è tolto la vita successivamente.

Alla fine, Grisenti è stato condannato a 4 mesi di reclusione per corruzione impropria dal giudice Carlo Ancona. Secondo il giudice, Grisenti avrebbe ricevuto la sponsorizzazione del valore di 24 mila euro da Collini a favore dell'Associazione sportiva pattinatori di Trento e un'altra sponsorizzazione da 150 mila euro dall'altro imprenditore Stefano Oberosler a favore del Gruppo sportivo pallamano di Mezzocorona. Secondo il giudice, in cambio di queste sponsorizzazioni Grisenti avrebbe inserito, legittimamente del resto, le due imprese nella cordata guidata dall'A22 che doveva partecipare alla gara per l'autostrada Nogara mare, poi vinta proprio dall'A22.

Gli avvocati Ceola e Melchionda cercano di ribaltare nelle 35 pagine dei motivi d'appello tutte le argomentazioni del giudice e dell'accusa. In primo luogo, cercano di restituire a Grisenti un'immagine di politico responsabile: «Con un senso di grande serietà e sensibilità istituzionale, non appena ebbe notizia del suo coinvolgimento nelle indagini, Grisenti non esitò a farsi da parte e, pur sicuro della propria innocenza e, nel contempo, consapevole di esporsi in tal modo al rischio di maliziose illazioni volte a presentare tale scelta come un'implicita ammissione di responsabilità, presentò subito le dimissioni dalla presidenza della società Autobrennero al fine di evitare che il minimo sospetto sul suo operato potesse condizionare negativamente l'immagine e l'attività della società».

I difensori sostengono che «l'ampio e pesante quadro di accuse è stato drasticamente smantellato dalla corposa sentenza del giudice per l'udienza preliminare». Gli avvocati, però, ricordano un giudizio tutt'altro che benevolo sui rapporti tra Grisenti e gli imprenditori coinvolti: «La lettura delle trascrizioni delle telefonate pare lo specchio di un mondo pettegolo e addirittura querulo in cui si parla di scelte di spesa che devono essere prese da altri, in termini di retroscena o di critica, ma mai (almeno in apparenza) di contrattazione in vista di accordi».

Quanto alla condanna i difensori osservano: «Il giudizio finale di condanna è erroneo e infondato sia perché basato su premesse giuridiche inesatte sia, comunque, perché non conforme ai fatti accertati nel processo». Per la difesa, infatti, non ci sarebbe stato alcuno scambio. Cioè Grisenti non avrebbe dato nulla in cambio delle sponsorizzazioni versate da Collini e Oberosler.













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