Graffer, nozze di diamante con i monti

La celebre scuola di alpinismo del Cai festeggia 75 anni. Allievi e istruttori di nuovo insieme domenica in rifugio


di Marco Benedetti


TRENTO. «Una festa per i nostri allievi di tanti, tantissimi corsi e i nostri istruttori, per ritrovarsi di nuovo dopo tempo più o meno lungo tutti assieme». Ecco nelle parole di Mauro Loss dall'anno 2000 direttore della Scuola, lo spirito che animerà la festa in programma nel pomeriggio di domenica al rifugio Graffer sul Grostè, tutta dedicata alla celebrazione dei 75 anni di una delle più antiche e prestigiose Scuole di alpinismo del Cai, la Scuola intitolata all'alpinista e pilota di caccia Giorgio Graffer.

Una festa che, a partire dalle 14, si aprirà proprio con il ricordo di Giorgio Graffer, caduto ai comandi del suo caccia CR 42 settantacinque anni fa nel cielo dell'Albania, durante uno scontro con i “Gladiator” inglesi. Riccardo Decarli, bibliotecario della Biblioteca della Montagna SAT, autore nel 2010 della biografia “Vita spericolata di Giorgio Graffer” ne ripercorrerà in questa occasione la precoce e intensa carriera alpinistica (a 14 anni sul Campanil Basso), quelle salite tanto importanti quanto eleganti (su tutte la via sullo spallone del Basso) realizzate per lo più nelle sue brevi licenze. Ci sarà quindi l'intervento di Mauro Degasperi, direttore della Scuola dal 1991 al 1999 e per ultimo quello di Mauro Loss, l’attuale direttore. I diversi momenti saranno introdotti dalle canzoni di montagna interpretate dal Coro “Stella del Cornet” di Trento. Poi, sui tavoli dentro e fuori il rifugio, ci sarà spazio, tra un bicchiere e uno spuntino per i ricordi, gli aneddoti, il racconto delle ultime salite di questa lunga estate.

Una riflessione accomuna molti tra gli allievi passati attraverso i corsi della Scuola Graffer e che anni dopo si sono ritrovati dall’altra parte della cattedra, a spiegare ad altri giovani allievi, le tecniche e le manovre in parete, la prevenzione degli incidenti, l’autosoccorso in valanga. È un ragionamento che suona all’incirca così: «Abbiamo ricevuto molto da questi istruttori che ci hanno permesso di affrontare la montagna in maniera consapevole, vivendo esperienze indimenticabili. È tempo dunque di trasmettere le nostre e permettere anche ad altri di poterle vivere. Ecco le testimonianze di alcuni di loro.

Edoardo Covi, Accademico del Cai, Premiato quest'anno dalla Sosat con il Chiodo d'Oro, ha conosciuto la Graffer nel 1977, quando si è iscritto al Corso primaverile di roccia, all'epoca diretto da Guido Baratieri. «Ricordo tra gli istruttori Vincenzo Loss, un giovanissimo Marco Furlani, Romeo Destefani, Remo Nicolini, Franco Pedrotti, Leo Puiatti. Poi nel 1981 ho partecipato al corso regionale per Istruttori, diretto da Renato Comper detto “Rebùf”. Da allora sono sempre stato legato alla Scuola dove ho diretto 5 corsi roccia tra cui il corso del Cinquantenario nel 1995 al rifugio Pedrotti e per dieci anni anche nel direttivo. Essendo di professione insegnante sono stato forse facilitato nel trasmettere agli altri questa passione. Dalla Scuola ho ricevuto davvero tanto che poi ho restituito con la mia disponibilità. E il suo prestigio è tale che è un onore farne parte.»

Anche Giorgio Espen è Accademico del Cai, e nella sua famiglia l'alpinismo è una vera tradizione coltivata dal padre e trasmessa a tutti i figli. Così a soli 16 anni viene iscritto ad un corso roccia della Graffer. «Era diretto da Carmelo Forti ma è stato un istruttore in particolare che mi ha trasmesso la passione per l'alpinismo, Elio Piffer. Dieci anni fa mi sono avvicinato alla Scuola spinto proprio dalla voglia di trasmettere la mia esperienza. Sono entrato insieme ad altri amici con cui arrampicavo, Luca Pilati e Bruno Menestrina, quasi nello stesso periodo sono stato nominato Accademico perciò a maggior ragione ho pensato fosse giusto dare un contributo in questo senso, e con la garanzia di potervi dedicare il tempo necessario.»

Sabrina Tamanini insieme a Caterina Mazzalai, Loretta Derù, Luisa Gottardi, è la “quota rosa” degli istruttori delle Graffer. La sua grande passione è lo scialpinismo e nel 2012 ha diretto proprio il corso base di questa disciplina invernale. «Ho partecipato al corso base di scialpinismo della scuola nel 1992 e il direttore era Giorgio Giovannini che l'anno successivo sarebbe morto cadendo dalla nord di Cima Vermiglio durante un discesa. Quindi nel 1997 ho partecipato al primo corso avanzato diretto da Remo Feller e l'anno successivo sono diventata istruttore e ho chiesto di entrare nella Graffer. Frequentando la Sezione SAT di Ravina ho conosciuto numerose persone legate alla Scuola in particolare Mauro, Alberto e Dario Degasperi, e poi l'idea di poter ampliare il bagaglio di conoscenze grazie alla formazione continua che è una prerogativa della Graffer sono tutti motivi che mi hanno spinto verso questa scelta. Negli anni poi ho sentito quasi come un dovere morale il fatto di poter trasferire ad altri le conoscenze acquisite e soprattutto di offrire a delle persone motivate ad andare in montagna la possibilità di saltare tutta una serie di errori che noi abbiamo fatto.»

Franco De Battaglia, nei primi anni '60 ha partecipato a ben tre corsi roccia estivi al rifugio Agostini, da allievo prima e l'ultimo, nel 1967, da aiuto istruttore. «Era la Susat di Giorgio Armani e dei fratelli Tino e Guido Larcher a organizzare i corsi ed era ancora l'alpinismo dei pantaloni alla zuava, e degli scarponi a suola rigida. Tra gli istruttori ricordo Marco Comper, il Marco Pisetta “Ercolino”, Toni Masè. Ma poi salivano a trovarci Cesare Maestri Rolly Marchi, il “Medaia”, Marino Stenico. In quegli anni all'Agostini si potevano incontrare personaggi come Claude Barbier o George Livanos. Il direttore dei corsi era Bepi Defrancesch. Ci ha insegnato soprattutto a mettere bene i piedi in montagna e trasmetteva una sicurezza che ti restava dentro.»













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