Gli infarti aumentano anche per il freddo

E' uno dei fattori scatenanti per i pazienti che sono già a rischio a livello genetico


Sandra Mattei


TRENTO. La cronaca registra una sequenza di morti per infarto in giovane età (Lamprecht, consigliere regionale, 42 anni, Gianluca Boso allevatore del Vanoi, 28 anni, Morena Parisi, mamma di Darzo, 44 anni e Marisa Maestri, infermiera, 34 anni). Un caso? Il primario di cardiologia del Santa Chiara, Roberto Bonmassari, afferma che gli eccessi sono nemici del cuore: dal freddo all'alimentazione.
«Su circa 200 casi di infarto miocardico acuto l'anno in Trentino - chiarisce il dottor Bonmassari - il 35% del totale sono di pazienti sopra i 75 anni, quelli in età sotto i 40 anni sono il 5%. Quest'ultimi hanno un andamento stabile. Ci sono però dei periodi dell'anno in cui gli infarti si concentrano, non si manifestano cioè in modo omogeneo, ma a grappolo».
Vuol dire che anche il freddo può essere una causa? «Non abbiamo elementi - risponde Bonmassari - per capire come mai ci siano periodi di maggior concentrazione, però sappiamo che esistono fattori scatenanti per l'infarto e il freddo intenso può essere uno di questi. In questi giorni possono esserci stati inoltre eccessi di cibo e bevande. Tutti gli eccessi sono nemici del cuore: lo sono anche gli sforzi fisici o l'assunzione di sostanze improprie, come la cocaina. Ma è bene precisare che questi comportamenti sono pericolosi per chi ha già una predisposizione, o per fattori genetici o per livelli di colesterolo alti, con una predisposizione cioè al formarsi di trombi».
Le malattie cardiovascolari (che comprendono infarto e ictus) sono oggi la prima causa di morte nella popolazione adulta in Occidente. In Italia si è passati dai 96 mila casi del 2001 ai 118 mila del 2005 (75 mila gli uomini, 43 mila le donne). E in Trentino, com'è la proporzione tra maschi e femmine? Risponde ancora Bonmassari: «I casi d'infarto colpiscono al 70% i maschi, al 30% le donne, l'età media dei maschi è di 60 anni, quella delle donne sopra i 70. L'età, nelle donne, tende ad abbassarsi negli ultimi anni per comportamenti che quest'ultime hanno acquisito, come fumare o l'attività stressante a cui sono sottoposte, per il doppio lavoro a casa e fuori».
In Trentino come ci si è attrezzati a quest'emergenze?
«La sanità pubblica - spiega Bonmassari - si è attrezzata per poter intervenire con una reperibilità di 24 ore su 24, in caso di paziente infartuato. Si tratta di un protocollo del 2005, partito sperimentalmente nel 2001, che ha istituito un laboratorio di unità emodinamica a Trento, pronta ad intervenire giorno e notte in caso di paziente con infarto, composta da un medico, due infermieri, un tecnico sanitario di radiologia». Solo intervenendo in modo idoneo, infatti, si può salvare il paziente. Il dottor Bonmassari si riferisce in particolare all'infarto miocardico acuto, denominato in termine tecnico infarto St sopralivellato. «In questo caso - precisa - per aprire un'arteria che ha un'occlusione improvvisa, si procede con un intervento di angioplastica: si entra con un catetere e si apre l'arteria con un palloncino. Tecnica, che si differenzia dall'uso dei farmaci trombolitici (che si usano solo nel 50% dei casi) e che ha il 90% di casi di successo. L'importante è che ci siano una serie di passaggi organizzati per affrontare l'emergenza, dal trasporto con l'elicottero del paziente fino all'arrivo in sala operatoria».
Se la mortalità in Trentino è inferiore del 5% rispetto a quella nazionale, grazie a questo sistema capillare in cui tutti gli operatori dal medico con il defibrillatore ai vigili del fuoco sanno come intervenire, il vero problema rimane come informare i pazienti della necessità di chiamare subito il 118 per le cure idonee, perché il 30% di chi è colpito da infarto muore prima di arrivare in ospedale. «Su questo fronte - conclude Bonmassari - c'è ancora molto da fare a livello di primo soccorso: a cominciare dalle scuole, perché tutti dovrebbero imparare a praticare un massaggio cardiaco».

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