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Gli anziani raddoppiano, regia alle Rsa

Nel 2041 saranno 190 mila. Per la presa in carico la Provincia vuole punti unici di accesso per Comunità di valle


di Chiara Bert


TRENTO. Sono circa 100 mila oggi gli over 65 in Trentino. Nel giro di 25 anni, è la stima, saranno 190 mila: quasi il doppio. Un aumento esponenziale, una valanga demografica che cambia la società e impone risposte nuove da parte del sistema di welfare. Perché al netto dell’investimento sui corretti stili di vita e sull’invecchiamento attivo, l’incremento della popolazione anziana porta inevitabilmente con sè anche un aumento dei bisogni, in particolare quelli legati ai non autosufficienti, che nel 2041 supereranno quota 27 mila.

Parte da questa analisi la riforma dell’assistenza agli anziani che l’assessore Luca Zeni ha delineato ieri alla maggioranza provinciale e che presenterà ufficialmente la prossima settimana al Consiglio delle autonomie. Il lavoro preparatorio è stato messo a punto da un gruppo formato da rappresentanti della Provincia, dell’Upipa, dello stesso consiglio delle autonomie, con la consulenza dell’Università Bocconi di Milano.

Servizi frammentati. Oggi sono 4500 i posti in Rsa. Secondo la giunta bastano, l’Upipa ritiene di no. Ma il dato da cui muove la proposta di riforma è la grande frammentazione dei servizi, che vede in campo Provincia, Comunità di valle, Comuni, Azienda sanitaria, Rsa, privato sociale: in questo contesto accade però che le famiglie che hanno un anziano di cui prendersi cura si attivano in base alle loro possibilità, economiche, culturali, di conoscenze personali: chi si affida alla casa di riposo, chi sceglie l’assistenza domiciliare, chi (sono 6 mila ormai) ricorre ad una badante e la spesa in questo campo ha ormai raggiunto i 90 milioni di euro all’anno.

Punti di accesso per Comunità. L’idea alla base della riforma è di mettere questi servizi a sistema, creando un punto unico di accesso (i Pua) per ogni Comunità di valle, che non sarà più solo un erogatore di informazioni ma dove l’anziano sarà preso in carico e indirizzato a seconda dei suoi bisogni. La nuova governance passerà dunque attraverso una Rsa di Comunità, che non erogherà direttamente i servizi (tema che preoccupa il terzo settore), ma che avrà un ruolo di regia.

Gli accorpamenti. La riforma delinea un nuovo sistema di governance: non più la Rsa unica che l’assessore Zeni aveva ipotizzato qualche mese fa sollevando un coro di contrarietà, ma un’Azienda di servizi alla persona (Apsp) per ogni Comunità con un budget a disposizione che sottrarrebbe le attuali singole Rsa dagli attuali vincoli del proprio bilancio. Il vantaggio, secondo la giunta e anche secondo i consulenti della Bocconi, sarebbe quello semplificare il processo delle decisioni, con un rafforzamento dei poteri dei territori e delle Rsa e un miglior servizio ai cittadini.

Un’alternativa più soft è quella di mettere in rete le attuali Rsa individuando una capofila: una sorta di gestione associata dei servizi. Quale tipo di governance sia preferibile sarà frutto di un processo di confronto con i soggetti coinvolti dalla riforma che si svilupperà da qui a metà giugno.

Una conseguenza degli accorpamenti sarà una maggiore efficienza e un risparmio, elemento fondamentale visto che aumenteranno i bisogni e dunque anche i costi: ma su questo punto giunta e assessore preferiscono in questa fase non insistere, non considerandolo il focus della riforma ma, appunto, una sua conseguenza (a novembre, parlando in aula, Zeni aveva stimato fino a 17 milioni di possibili risparmi passando dalle attuali 41 Apsp alla Rsa unica).

Ieri il confronto è cominciato con la riunione di maggioranza, dove l’assessore Zeni ha fatto il punto anche sui temi della sanità: punti nascita periferici, rete ospedaliera, medici di medicina generale. Da mercoledì si entra nel vivo.













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