Formazione, Roma taglia le risorse

Il ministero non restituisce più le quote Inps. Partita da 5 milioni


Luca Petermaier


TRENTO. Il piatto è ricco: più o meno 5 milioni di euro. Denaro che lo Stato, ogni anno, mette a disposizione di Regioni e Province autonome per il finanziamento dei corsi di formazione. Ora, in base ad una cavillosa interpretazione dell'Accordo di Milano, lo Stato non intende più girare questi soldi al Trentino, ritenendoli tasse e dunque estranei al patto finanziario sottoscritto con Tremonti e Calderoli. E' l'ennesimo dispetto di Roma all'autonomia trentina, nei confronti della quale lo Stato non perde occasione per riservare qualche sgambetto sui conti con il solo scopo - spesso - di salvaguardare le proprie casse tutt'altro che floride. La questione è complessa ma non di poco conto. Ogni anno le aziende italiane e anche quelle trentine versano una quota dei contributi Inps per finanziare la formazione professionale dei propri dipendenti. Si chiama "formazione continua" e serve per organizzare corsi che tengano aggiornati i lavoratori. La quota a carico delle aziende corrisponde allo 0,30 per cento del monte salari, una cifra che in Trentino ammonta a poco meno di 5 milioni di euro. La contrattazione tra Stato e parti sociali ha definito negli anni che una quota parte di queste somme possano essere gestite anziché dallo Stato stesso da Fondi appositi creati dai privati. Il più grande di questi, ad esempio, si chiama Fondo Impresa e ad esso aderiscono i tre sindacati confederali oltre alla Confindustria. Succede, però, che non tutta la quota di contributi sociali destinata alla formazione venga conferita nei fondi. Ciò che rimane viene di solito girato dallo Stato alle singole Regioni e Province. Così è sempre stato fino a poco tempo fa anche per il Trentino, ma da qualche tempo da Roma sembrano aver assunto una posizione non più così collaborativa. Una recente interpretazione normativa dell'Accordo di Milano fatta propria dal ministero dell'Economia ha infatti definito quella quota di denaro come una "tassa" vera e propria e come tale estranea all'accordo che prevede la sostanziale autosufficienza finanziaria del Trentino. In quanto tassa Tremonti e i suoi tecnici hanno deciso di non girarla più alla Provincia. Dal canto suo Piazza Dante replica che quei denari non possono affatto essere definiti tasse, ma fanno parte di una più ampia partita finanziaria di natura previdenziale e dunque estranea al patto milanese. Tra gli uffici del ministero e quelli della Provincia sono già iniziati gli scambi epistolari e le richieste di chiarimento. Chi rischia di rimetterci, però, sono i lavoratori ai quali quei soldi sono riservati per finalità formative. Una situazione di difficoltà, la loro, resa ancora più grave dal fatto che la giunta provinciale, con la manovra anticrisi, ha deciso di sacrificare una parte delle risorse messe a disposizione dal fondo sociale europeo e destinate - appunto - alla formazione professionale per rafforzare, al contrario, il sostegno ai lavoratori licenziati o finiti in mobilità in seguito alle molte ristrutturazioni aziendali che anche il Trentino ha dovuto subire.













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