L'ultimo saluto

Folla immensa per salutare Gino Marchi

Impressionante la partecipazione a Varone al funerale di Marchi, morto per salvare il figlio in mare


di Gianluca Marcolini


RIVA. Non ce l'ha fatta, la chiesa di Varone, a trattenere fra le proprie mura tutta la sofferenza della comunità di Riva, colpita nell'animo più profondo per la perdita di Gino Marchi, affogato giovedì scorso nella acque ravvenati dell'Adriatico, davanti Punta Marina, mentre cercava di aiutare il figlioletto di 8 anni che era in difficoltà per colpa del mare mosso. Una disgrazia tremenda per una famiglia che aveva in Gino il punto di riferimento più grande e un duro colpo per tutta la città rivana abituata a potersi affidare, spesso e volentieri, ad uno dei suoi figli più generosi e disponibili, sempre in prima fila quando c'era da dare una mano, che fosse all'interno del Gruppo Iniziative Varone o con i vigili del fuoco, senza scordare il coro parrocchiale e gli scout.

Annega in mare per salvare il figlio di otto anni Vittima Gino Marchi, assicuratore, pompiere e presidente del Giv di Varone. La tragedia nelle acque di Punta Marina, in provincia di Ravenna

Ieri pomeriggio, tutti i suoi mondi, assieme agli amici e ai familiari e a tantissimi rivani (ma non solo loro), hanno voluto abbracciarlo per l'ultima volta riunendosi dentro e intorno la chiesa parrocchiale di Varone che ad un certo punto non è proprio più riuscita a contenere la fiumana di gente, costringendo molti a fermarsi all'esterno, sul sagrato e nella piazza del paese, fattasi improvvisamente troppo piccola, e seguire la cerimonia ascoltando la funzione attraverso un altoparlante. Impossibile, infatti, anche solo pensare di mettere piede in chiesa, strapiena già un quarto d'ora prima dell'inizio del funerale. Un impressionante tributo di amore verso questo sfortunato cinquantenne, a dimostrazione di chi era e di ciò che significava per la sua gente. «Ci sono momenti nella mia vita – ha esordito padre Franco Pavesi nella sua omelia – in cui io non vorrei essere il sacerdote ed oggi è uno di questi. Anch'io sono fatto di carne e di ossa, come tutti voi, ed anch'io oggi ho il cuore gonfio e sono senza parole».

Folta la rappresentanza dei vigili del fuoco volontari, con il corpo di Riva presente al completo più diversi colleghi provenienti dagli altri reparti della Busa. Oltre alla professione di agente assicurativo, che svolgeva in maniera brillante da molti anni e che lo aveva portato a creare, dal nulla, un'agenzia di successo più altre due subagenzie, Gino Marchi era anche tanto impegnato nel mondo del volontariato. Guidava, ormai da una vita, il Gruppo Iniziative Varone e da un quarto di secolo non faceva mancare il proprio supporto all'attività dei pompieri. Ma soprattutto era un padre fantastico, che adorava i suoi due figli, entrambi testimoni diretti di una disgrazia che purtroppo li accompagnerà per sempre e ieri forti e coraggiosi nel momento più difficile della loro ancor breve esistenza. «Erano semplicemente la gioia di Gino – ha spiegato padre Franco – il suo sole, il suo futuro». Alessio Zanoni, assessore comunale, ha ricordato l'adorato cugino durante le preghiere ai fedeli: «Tu Gesù, che hai conosciuto le sofferenze degli uomini, poni il tuo sguardo su di noi affinché la certezza del domani sia più grande del dolore che oggi rischia di farci perdere la speranza».

A portare il feretro fuori della chiesa, sul sagrato, dove ha preso avvio l'ultimo viaggio terreno di Gino Marchi, sono stati i suoi colleghi vigili del fuoco che gli hanno tributato il picchetto d'onore. Ad accompagnarlo le note della canzone che Gino amava ascoltare al termine delle sue preghiere, “Madonna nera”. Un applauso scrosciante e denso di commozione si è levato in cielo. Addio grande uomo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano

Film Festival

Lo scioglimento dei ghiacciai nella poetica del teatro trentino

La Stagione Regionale Contemporanea si conclude con “Rimaye” di AZIONIfuoriPOSTO, che stasera (3 maggio) darà spazio a un’indagine su ciò che è destinato a sparire e alla sua eredità, mettendo in relazione corpi umani e corpi glaciali. Entrambi infatti sono modificatori di paesaggio e custodi di memorie


Claudio Libera