FESTIVAL ECONOMIA 2011Far fuori i vecchi non crea lavoro

Collini e Messori: «Il problema dei giovani in Italia è la mancata crescita»


Roberto Colletti


TRENTO. I vecchi non mollano il posto e rubano il lavoro ai giovani: perciò i primi vadano in pensione e facciano spazio ai secondi. E' il mantra che dovrebbe spiegare le difficoltà italiane, ma è sbagliata l'analisi e fallace la soluzione. Non è una guerra tra giovani e vecchi che creerà occasioni di lavoro, bensì la crescita, proprio ciò che manca alla nostra economia da dieci anni a questa parte. Non concorrenza tra generazioni, dunque, ma una spinta per immettersi nella corrente perduta dello sviluppo. Questa la risposta ad un problema drammatico data da Marcello Messori, ordinario di economia, nell'incontro sulle "professioni del futuro" ospitato dalla Btb, che lo ha visto protagonista assieme al collega Paolo Collini, preside di Economia a Trento, e Francesco Lamanda, chairman di Mercer Italia, multinazionale che si occupa di risorse umane. Una risposta che evita di offrire soluzioni semplicistiche - via i vecchi, largo ai giovani - che, se incanalano la rabbia, non aiutano a capire perché mai le aziende italiane assumano pochi laureati e, quando lo fanno, ricorrano a forme contrattuali precarie. E', questo, l'effetto che rafforza la causa, sintetizzabile, per esempio, nella misera parte sugli investimenti totali destinata dall'Italia all'Ict: uno striminzito 10% contro il 15-20% di Germania e Francia ed il 25% del Nord Europa. Inutile chiedersi, con questo dato, perché mai l'economia non cresca e perché i giovani non trovino occasioni di lavoro adeguate alla loro preparazione.
Scenario preoccupante, ammette Collini, ma «il mondo è grande e se in Italia ci sono problemi, ci si può spostare altrove, tanto più che la nostra formazione universitaria è di buon livello.» Bisogna immaginare orizzonti più ampi, questa la sua sollecitazione, puntando sulla propria formazione, tenendo presente che le aziende cercano sì giovani con curricula scientifici, ma hanno sopratutto necessità di «competenze». Perciò nessuna previsione sulla supposta maggior utilità di lauree scientifiche, tanto più se si considera che «Carlo Azeglio Ciampi e Marchionne hanno avuto una formazione sopratutto umanistica.» Anche per Collini, in definitiva, il vero nodo del lavoro risiede «nella mancata crescita, nel decennio perduto che l'Italia non può più permettersi.»
Non c'è, dunque, ricetta semplice per il problema, vero ed urgente, di un mercato che non valorizza le risorse intellettuali. Lo ha confermato Lamanda ricordando come molti giovani italiani siano emigrati e, come i capitali prima di loro, «non ritorneranno». E che bisogna prendere atto - senza tuttavia rassegnarsi - che la «realtà è fragile» e «non fornisce certezze». Insomma, per creare lavoro non serve far fuori i propri "vecchi" i quali, tra l'altro, oggi mantengono molti "giovani adulti": serve piuttosto una nuova politica di sviluppo. I relatori questo non lo hanno detto, ma non c'è chi non lo abbia capito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano