Falso vino doc, La Vis perquisita Patton: «Noi siamo le vittime» 

L’operazione Dioniso. Indagine di finanza e carabinieri su un milione di litri di vino pavese corretto con degli aromi e prodotto con uve non certificate. Alla cantina acquisiti documenti relativi ad un acquisto e all’affitto di uno spazio



Trento. L’operazione parte da Pavia, attraversa mezzo nord d’Italia e arriva anche in Trentino. Nella sede della cantina La Vis che nell’indagine di carabinieri e Finanza appare come probabile vittima di una frode in commercio che ha il vino come protagonista. Oltre un milione di litri di vino venduti come doc dell’Oltrepò pavese, ma che doc non sarebbero stati e che anzi sarebbero stati corretti con aromi che sono assolutamente vietati. Cinque le persone arrestate (tutte fuori provincia) e i reati che vengono contestati a vario titolo vanno dall’associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari (Doc e Igp nel caso specifico), nonché all’utilizzo e all’emissione di fatture false che servivano a giustificare quantitativi di vini etichettabili con denominazioni pregiate, non presenti in magazzino, e sostituiti dal produttore con vini di qualità inferiore, alterati e destinati alla vendita come vini di tipologie tipiche dell’Oltrepò Pavese. Il presidente di La Vis, Pietro Patton chiarisce subito la posizione della cantina: «Noi non sapevamo nulla della presunta frode, noi siamo vittime».

Le perquisizioni

Partiamo dalla fine, e quindi dalle perquisizioni avvenute ieri. 28 quelle effettuate e una, appunto a Lavis, nella sede della cantina. Qui gli uomini della Finanza hanno acquisito della documentazione. E di due tipi. C’è quella relativa all’acquisto di vino dalla cantina sociale del pavese al centro dell’indagine. Un acquisto fatto nel 2018 per pochi ettolitri. E poi la documentazione relativa alle fatture per l'affitto alla stessa cantina di spazio per lo stoccaggio del suo vino. Si perché La Vis, avendone le possibilità, mette a disposizione spazi a terzi per conservare, appunto del vino. Altro non è stato chiesto e altro non è stato preso. Una posizione, quindi, quella della cantina trentina che appare defilata. E soprattutto, per gli accertamenti che sono stati fatti, La Vis sarebbe a sua volta vittima della frode.

L’indagine

Cinque sono gli arrestati e due le persone con obbligo di firma. Delle accuse abbiamo già detto. Più nel dettaglio l’indagine ha avuto inizio nel settembre 2018 e ha coinvolto carabinieri, finanza e carabinieri forestali chiamati a verificare presunte attività illecite, finalizzate alla contraffazione di prodotti vinicoli, avvenute durante la vendemmia e la prima lavorazione dei mosti del 2018 in una cantina sociale pavese, specializzata nella produzione di vini a marchio Doc e Igt tipici della zona. Le indagini avrebbero permesso di acclarare un consistente ammanco di cantina, ossia la differenza tra la quantità fisica di vino presente nelle cisterne e la quantità commerciale riportata nei registri di cantina, che era decisamente superiore a quella fisica. L’ammanco, risultato pari a circa 1.200.000 litri, avrebbe determinato per il produttore una ulteriore possibilità di vendita di vino contraffatto per un valore economico di svariati milioni di euro. Secondo le accuse, l’ammanco sarebbe stato dolosamente creato falsificando le rese dell’uva/ettaro mediante bolle di consegna relative ad uve mai conferite in azienda da agricoltori compiacenti.

Le etichette e aromi

La successiva indicazione sui registri di cantina della massima resa inerente la trasformazione dell’uva in vino, generava una contabilità sbilanciata che consentiva a quest’ultima di giustificare la vendita come vini Doc e Igt o “bio” anche di prodotti che in realtà non avevano le caratteristiche richieste poiché “miscelati” con vini di qualità decisamente inferiore, non proveniente da uve certificate. A tali prodotti venivano quindi aggiunti “aromi” vietati nella produzione vinicola, allo scopo di falsarne le proprietà olfattive e al palato così da imitare sapore e profumi delle tipologie tipiche dell’Oltrepò Pavese.

La posizione di LaVis

Il presidente della Cantina LaVis Pietro Patton ha spiegato: «La Finanza ha acquisito da noi solo documentazione contabile sugli acquisti di vino e sullo stoccaggio. Noi abbiamo comprato piccole quantità di prodotto sulla base di documentazione che ne attestava un certo tipo di qualità. Se poi quelle carte erano false, siamo noi le prime vittime».













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