Esordio da romanziere a 80 anni: «Scrivere mi fa sentire giovane»

Guido Leoni ha dato alle stampe «Lo sbaglio della vita», storia di un uomo e dei suoi rimorsi. L’autore ha solamente la quinta elementare: «Ma ho ingurgitato quantità industriali di libri»


di Sergio Molinari


RIVA. Prima a mano, con calligrafia che quasi sempre decifrava solo lui, poi con una delle prime macchine per scrivere vendute a Riva da Giuliano Baroni (“così ho potuto farmi leggere anche dai famigliari e dagli amici”), infine – da qualche anno – con il computer, che usa esclusivamente per il programma di scrittura. Alla discreta età di 79 anni (portati bene e con coscienza), Guido Leoni può dire d'aver riempito nella sua vita pagine e pagine di pensieri, aneddoti, ricordi autentici, trame inventate, racconti, romanzi. Il tutto nel tempo lasciato libero dal lavoro e dagli impegni casalinghi. Qualcosa aveva già pubblicato, qualcosa aveva fatto mettere in scena per recite dialettali, ma la maggior parte della sua produzione – un'autentica montagna di carte - staziona ancora oggi nella sua bella casetta di Sant'Alessandro, dove Guido Leoni vive con la moglie Susy.

Però, in questi ultimi mesi, c'è stata “la grande decisione”. Almeno uno dei suoi romanzi – s'è detto Leoni – andava consegnato ad un editore e con “Lo sbaglio della vita” ne ha trovato uno disposto all'avventura. Edita dalla romana Albatros, nella collana Nuove Voci, la storia raccontata da Leoni è diventata libro. Libro vero. Con quasi 400 pagine e 27 capitoli. Il pensionato rivano non pensa certo d'aver fatto una capolavoro della narrativa, ma è convinto che la sua opera possa interessare e intrigare: magari che qualcuno della sua generazione vi possa trovare situazioni già vissute e sofferte, ma non elaborate e somatizzate.

“Lo sbaglio della vita” è la storia di un uomo di paese, dei suoi studi, della sua rapida carriera, dei suoi amori un po' interessati. E dei rimorsi: soprattutto quello di non aver mantenuto una promessa fatta al giovanissimo figlio. E della tragedia che da ciò è scaturita, che poi è il filo conduttore del romanzo. Guido Leoni scrive semplice, talvolta antiquato, con dei pudori d'altri tempi, con un senso dell'onore oggi forse smarrito. Ha fatto soltanto la quinta elementare questo coraggioso romanziere rivano (si ammalò giovanissimo e ha passato l'adolescenza negli ospedali) ma ha sempre divorato, tanto curioso quanto ingordo, quantità industriali di libri. La vena letteraria gli è venuta da questa passione e l'ha coltivata su molteplici fronti, non negandosi mai il piacere di fissare per sempre i suoi sogni e le sue intuizioni.

Leoni per mantenere la famiglia (ha tre figli, ora grandi) ha fatto il falegname, l'operatore di cabina al cinema, l'operaio e – prima della meritata pensione – il giardiniere. Una vita intensa e laboriosa, segnata anche da parecchia sofferenza. Ora, finalmente, la soddisfazione di un bel volume fresco di stampa da tenere in mano come una reliquia e tanti altri progetti in testa per il futuro. «Scrivere – dice Leoni – è anche il metodo migliore che conosco per mantenermi giovane».

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