E ora anche i trentini scoprono l’hard discount

Sempre più numerosi gli italiani che scelgono i negozi del “super-risparmio. E nel parcheggio, tra le auto dei pensionati, spuntano pure i Suv


di Luca Pianesi


TRENTO. Sono sempre più numerosi i trentini che fanno la spesa nei discount. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat il 62,3% delle famiglie italiane acquista i beni di prima necessità nelle grandi catene specializzate e tra queste quelle che negli ultimi anni hanno fatto registrare le crescite maggiori sono gli hard discount, i supermercati iper economici che un tempo venivano associati a poveri e immigrati. Oggi fuori da questi spacci alimentari, anche a Trento, si trovano parcheggiate auto ben tenute, suv e Land Rover, alfette e cinquecento nuove ed i clienti che li frequentano sono per lo più trentini ed italiani. Le indagini dell’Istat, infatti, fissano che il vero boom dei discount lo si sta avendo proprio nel Nord Italia: in un anno, le famiglie che vi hanno fatto la spesa sono passate dall’8,5% al 10,9%. “Purtroppo è una corsa al ribasso – spiega Antonio, un giovane laureato cliente del Prix di via Monte Baldo – con la crisi la gente ha meno soldi in tasca e si taglia su tutto, anche sul cibo. Lo stratagemma è quello di studiare e raffrontare i vari depliant pubblicitari che arrivano a casa. Si fa una selezione dei prodotti e dei prezzi e si sceglie cosa comprare in un discount e cosa nell’altro. Ce ne sono talmente tanti ormai a Trento. E forse ne continuano a nascere qui, nel Nord Italia, perché c’è meno il cliente ha meno rapporto diretto con il negozietto sotto casa. Al Sud ci si serve ancora molto dei fruttivendoli, i macellai, i mercati rionali che restano economici e di qualità quasi sempre migliore rispetto a quella dei supermercati. Qui i piccoli spacci, invece, sono sempre molto costosi”. E anche Nicola, un signore di mezza età recatosi al Prix per fare scorta di orzo, conferma quanto detto da Antonio: “Se si va al mercato del giovedì, paradossalmente, si spende molto di più che nei supermercati e la qualità non è che sia così tanto migliore. Quando si compra un chilo di pomodorini e si vanno a spendere lì tre, quattro euro e qui non si va oltre l’euro e mezzo non ditemi che il plus lo si guadagna in qualità. E i discount ormai sono preferibili alle catene tradizionali perché si trovano gli stessi prodotti, delle stesse marche, a prezzi diversissimi. Un esempio? I miei barattoli di orzo: quello che compro qui costa 95 centesimi. Lo stesso barattolo al Poli, alla Coop, all’Orvea costa intorno a 1 euro e 90 centesimi. Capisce che per ogni pacco comprato lì ne compro due qui”. Franco scende da una bella macchina familiare e prima di entrare nel discount aggiunge: “Ormai qua dentro ci trovate di tutto, ricchi, poveri, italiani, stranieri. Io purtroppo sono disoccupato e non ho una poltrona sotto il sedere come certi nostri politici. Mi tocca risparmiare e quindi vengo qui, dove un chilo di pasta mi costa 50 centesimi contro l’euro che dovrei spendere negli altri supermercati”. “Siamo costretti a fare calcoli su tutto – conclude Daniela, una signora ben vestita e distinta – ed è un fatto che con 40 euro qui riempio due buste della spesa e negli altri supermercati una. Rinunciamo un po’ alla qualità, ma da qualche parte si deve pur tagliare”.













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