Due trentini protagonisti al San Carlo

Nicola Ulivieri e Giulio Mastrototaro cantano a Napoli nel «Così fan tutte» di Mozart



TRENTO. L'appuntamento (telefonico) è alle 13.30, perché poi ricominciano le prove e si lavora sino alle 10 di sera: siamo, almeno via etere, al Teatro San Carlo di Napoli dove si prepara il prossimo titolo della stagione lirica, il dapontiano Mozart di «Così fan tutte», in prima rappresentazione proprio stasera. E all'altro capo dell'ipotetico filo, rispondono due fascinose profonde voci maschili, dal timbro inequivocabile del cantante: sono due trentini.
Sono nati a poca distanza l'uno dall'altro, tra Arco e Riva. Si divideranno gli applausi della storica piazza partenopea, rispettivamente nei ruoli di Guglielmo e Don Alfonso, i due bassi protagonisti voluti dalla partitura del salisburghese accanto alle voci femminili di Dorabella e Fiordiligi ed al tenore Ferrando. Sembra essere una singolare "forza del destino" a riallacciare i contatti tra Nicola Ulivieri e Giulio Mastrototaro, professionista dalla luminosa carriera internazionale il primo, più giovane ma altrettanto agguerrito il secondo, tante volte Guglielmo l'Ulivieri (anche con Abbado nel 2000, a Salisburgo, a Genova, e prossimamente anche a New York "lì sarà il mio ultimo Guglielmo"), debuttante nel ruolo Mastrototaro. Ed è Giulio a voler ricordare una storia cominciata proprio ad Arco, a casa Ulivieri. Lui appena quindicenne ("oggi ho trentun'anni e debutto in Don Alfonso come Bruscantini"), una grande passione per la lirica, una voce ancora "acerba" - così aveva detto papà Giorgio Ulivieri, (lui per tanti anni violinista nell'Orchestra Haydn e naturalmente primo talent-scout di Nicola), ma che "prometteva bene" e quindi l'invito caloroso a studiare a Bolzano all'inesauribile fucina di talenti dell'ugola di Vito Maria Brunetti, tra i primi maestri pure di Nicola ("e con il quale studiamo ancora entrambi"). E tanto per sfatare il mito di un invidioso divismo canoro: «E' un grande piacere - dice Mastrototaro - ritrovarmi con Ulivieri, un veterano nel "Così fa tutte", ma soprattutto un amico».
Certo è un poco curioso che sia il giovane e focoso Guglielmo (in realtà più grande di circa dieci anni, classe 1967) ad incoraggiare e sostenere l'anziano ed esperto Don Alfonso (nato nel 1979), ma il teatro è il mondo dell'illusione e "con qualche parrucca bianca" si risolve facilmente l'inghippo "tanto più che si tratta di uno spettacolo nel segno della grande tradizione, l'ultima regia di Giorgio Strehler prima di morire" conferma Ulivieri e dunque nella linearità di un gusto settecentesco "che appartiene al dna di noi cantanti italiani".
Sempre per altro "migranti" visto che il carnet di entrambi prevede impegni a catena per il prossimo futuro: il "Turco in Italia" a Lipsia e l'incisione della "Gazza Ladra", questo il Rossini di Mastrototaro, "Barbiere" in Spagna, "Don Giovanni" - lo sentimmo anche a Trento uno dei primi Don Giovanni di Ulivieri - con Mehta a Valencia, quindi si vola a Tokio e poi il traguardo dei traguardi, al Metropolitan di New York con Levine. E la crisi dei teatri italiani? I cachet drasticamente dimezzati se non prorogati ad libitum ai cantanti? «Il giorno del nostro arrivo a Napoli è arrivata anche la notizia del ripristino del FUS e dunque abbiamo festeggiato: forse stavolta ci pagano».

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