Due ore di coda per il taglio di capelli della solidarietà

Più di 200 persone rispondono all’appello dei parrucchieri. Le offerte andranno all’ospedale Benati, in Equador



ROVERETO. Una ventina di parrucchieri, metà dei quali roveretani e gli altri in arrivo da tutto il nord Italia, si sono alternati alle 14 postazione di lavoro che ieri sono state ininterrottamente occupate: dalle 11 alle 18 (con un inevitabile sforamento per servire chi era ancora in attesa) più di 200 persone hanno scelto questo modo originale per fare una mano a chi, crisi o non crisi, vive una realtà quotidiana infinitamente peggiore della nostra.

L’invito era di Operazione Mato Grosso, che per il secondo anno porta a Rovereto «Un taglio di capelli per dare un taglio alla povertà». E’ una iniziativa che tocca tutto il Nord Italia, grazie ad un gruppo di parrucchieri che mette a disposizione una propria domenica al mese per dare corpo a questo particolarissimo volontariato. Ci mettono arte, lavoro e spese per la trasferta. Offrendoli alle città che si propongono di ospitarli ed ai clienti, ma chiedendo loro in cambio un offerta libera, in busta chiusa e rigorosamente anonima. Vengono inserite in un’urna di vetro, sulla quale è scritto «la prestazione vale minimo 20 euro», il contributo è però lasciato alla sensibilità e alle disponibilità di ognuno, nella più assoluta libertà.

Nei momenti peggiori, nella tarda mattinata di ieri e poi a metà pomeriggio, l’attesa, gestita con dei bigliettini numerati, ha raggiunto le due ore. E questo malgrado i parrucchieri non si siano certi risparmiati. Tra i partecipanti, netta maggioranza di donne ma divise per tutte le classi di età. Molte le madri arrivate assieme alla figlia o ai bambini. Taglio e messaimpiega era la proposta: troppo laboriosi e lenti gli altri servizi come la tinta o la permanente.

In fondi raccolti già in serata di ieri sono stati consegnati ad un medico, in partenza oggi per Zumbahua. Sosterranno l’ospedale gestito dai volontari italiani ma anche altre iniziative a favore della popolazione, che vive in capanne e in pessime condizioni generali.













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