Dopo l’addio alle caserme il comitato torna in campo

Sabato un presidio presso il cantiere per fare una cronistoria della vicenda Il portavoce Tessadri: «Vogliamo alternative valide e il ripristino delle colture»


di Gino Micheli


MATTARELLO. In seguito all’abbandono del progetto del “Nuovo polo militare” in località S. Vincenzo, il comitato spontaneo “Cittadella militare? No grazie”, assieme ad altre realtà associative che hanno contribuito a sostenere la protesta contro la costruzione, organizza per sabato, dalle 12.30 alle 15, un presidio presso il cantiere. Il portavoce Franco Tessadri riferisce che «saranno fatte delle letture sulla cronistoria della battaglia sostenuta dal 2007 fino al recente, per noi positivo, esito di abbandono del progetto». E aggiunge: «Il nostro impegno sarà ora rivolto a sostenere valide alternative al riuso del terreno liberato, orientate al ripristino delle colture agricole e al miglior uso possibile dell'area ormai compromessa dai primi interventi con l'accumulo di smarino proveniente dalle gallerie di Moena».

In particolare, l’obiettivo del comitato è quello di salvaguardare l'area dalle speculazioni edilizie. Che in pratica è anche quanto, da subito, sostenuto dal Consiglio circoscrizionale alla notizia fornita lo scorso 30 settembre dal presidente dell’abbandono del progetto. «Abbiamo sempre la speranza - sottolinea Tessadri - di avviare un percorso congiunto con la politica, per una nuova visione del territorio realmente partecipato e condiviso dai cittadini che non sia ad esclusivo vantaggio della solita speculazione edilizia».

In un documento, il comitato fa la storia rammentando che nei piani della Provincia e dell’Esercito, la cittadella doveva ospitare 1600 militari, costare 217 milioni e sostituire tutte le altre caserme di difesa nazionale in città. Poi fa notare come finalmente si rimette tutto in gioco, ma scandisce molti punti interrogativi. «La motivazione ultima che blocca il progetto - sottolinea - è l'esaurimento dei soldi. Quel gruzzoletto di euro in terreni dismessi, non ancora liberati ma liberabili, dall'Esercito è finito. Forse perché quel valore era malamente stimato, come noi denunciavamo nel 2009; quel valore non teneva conto di demolizione, amianto, idrocarburi intrisi nel terreno. Dei 2 milioni spesi per il progetto gestito dal Genio militare e pagati dalla Provincia, dei lavori di riporto materiale, dei lavori di bonifica e demolizione, degli espropri montati da 11 (accordo di programma quadro del 2000) a 35 milioni di euro (notizia riportata da un quotidiano e mai smentita); di tutte queste spese, chi risponde? Prima di iniziare le spese noi mettemmo in guardia e non venimmo ascoltati, tacciati di esser "tardivi": ora che l'amministrazione provinciale ha speso inutilmente questi soldi chi ne risponde? E le vigne che il Comune di Trento aveva preservato per 30 anni come polmone verde tra la città ed il sobborgo: ora che ne sarà? In un periodo di grave crisi abbiamo bisogno di altre grandi opere?».

Adesso il comitato spera molto in una soluzione intelligente che non sommi allo spreco lo scempio e che faccia prevalere l'utilità pubblica. Inoltre vuole ricordare che gli aderenti non vanno tacciati di opportunismo elettorale, sia perché hanno declinato ogni invito alla candidatura, sia perché, coerentemente, questi temi li hanno denunciati da quasi cinque anni.

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