Doping, per Schwazer chiesto il massimo della pena

La Procura del Coni vuole quattro anni di squalifica per il marciatore azzurro



TRENTO. Il massimo della pena: la Procura antidoping del Coni non fa sconti ad Alex Schwazer, trovato positivo a un controllo a sorpresa alla vigilia delle Olimpiadi di Londra e chiede quattro anni di squalifica per il marciatore azzurro - il massimo della pena appunto - per uso di epo, possesso di testosterone e altre violazioni al codice sportivo.

La richiesta al Tribunale nazionale antidoping arriva dal capo della Procura del Coni, Ettore Torri, e non ammette abbuoni.

Le motivazioni della richiesta contro l’olimpionico di Pechino 2008 si basano su quattro pilastri: la positività al test effettuato il 30 luglio a Racines; la frequentazione con il discusso medico Michele Ferrari, messo al bando dal Coni; le anomalie segnalate a febbraio e aprile dalla Iaaf sul passaporto biologico del marciatore; l’acquisto infine di sostanze dopanti.

Rispetto all’iniziale violazione riscontrata (l’acquisto di Epo), a Schwazer la Procura antidoping contesta anche l’utilizzo di testosterone, ritrovato - si è appreso - nelle perquisizioni a casa sua il 10 agosto scorso e il cui acquisto è stato poi confermato dallo stesso atleta negli interrogatori successivi.

Quattro, come detto, le violazioni contestate: ma se la prima e la quarta (positività al controllo antidoping e l’essersi avvalso di un soggetto inibito a vita dal Coni, il professor Michele Ferrari) erano scontate e prevedibili, le altre due infrazioni rappresentano una novità nella vicenda. La seconda violazione contestata a Schwazer riguarda infatti un articolo del codice Wada (World Anti-Doping Agency), dal momento che sono stati riscontrati valori anomali nel passaporto biologico del marciatore azzurro già in due controlli effettuati a febbraio ed aprile (oltre che il 30 luglio).

Tuttavia, mentre i dati del passaporto biologico arrivano alla Iaaf, in Italia non possono essere utilizzati perchè per il Garante della Privacy violano la legge. Nella sostanza, la sintesi della Procura antidoping, se queste informazioni fossero state disponibili già in primavera, Schwazer sarebbe stato scoperto anche prima dell’ estate.

C’è poi la questione delle sostanze dopanti che costituiscono il terzo capo d’accusa: non solo epo, come si era pensato da principio, ma anche possesso di testosterone come verificato nella perquisizione del 10 agosto dai Nas di Trento e come ammesso dall’azzurro negli interrogatori («l’ho comprato via internet»). Acquisti - epo e testosterone - finalizzati alla ricerca della vittoria alle Olimpiadi e che per il codice Wada rappresentano un’ulteriore aggravante per un atleta.













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