«Donne, dico no alle riserve indiane»

Turra, giovane membro dell’assemblea Pd: «La doppia preferenza ghettizza, si investa invece sulle politiche familiari»


di Chiara Bert


TRENTO. «Vorrei più donne in politica, sì, ma non con le riserve indiane. La doppia preferenza di genere è un modo per ghettizzare. Perché allora, per le stesse ragioni di rappresentanza, non riservare le quote per gli under 30? O per i gay?». Enrico Turra ha 22 anni, fa parte dell’assemblea provinciale del Pd ed è stato consigliere della Comunità del Primiero prima di dimettersi a fine maggio. A lui la proposta della doppia preferenza di genere - che tornerà in commissione a inizio luglio su proposta in primis di un’esponente del suo partito, Margherita Cogo - proprio non piace. Intanto le firme all’appello lanciato dal nostro giornale veleggiano verso quota 140.

Turra, perché è contrario alla doppia preferenza di genere?

Perché le persone vanno valutate per quello che sono, non perché sei donna o sei uomo. Perché altrimenti continuiamo a procedere ghettizzando. Allora se una preferenza deve andare a una donna, perché non anche a un giovane o a un omosessuale? O tuteliamo tutti in questo modo, o facciamo cultura.

Ma in un Paese dove la presenza di donne in politica e nei ruoli di vertice è bassa, le «quote rosa» hanno in parte ridotto il gap tra uomini e donne.

Le quote rosa hanno in qualche modo aiutato, lo riconosco. C’era bisogno di un intervento perché viviamo in un Paese dove prevale una cultura maschilista. Ma insisto: per cambiare le cose, e dunque anche per sostenere la presenza di donne in politica, occorre altro. È sulle politiche familiari che bisogna lavorare e investire, perché è lì che possiamo realmente incidere e contribuire a cambiare la cultura. E siamo ancora lontani dall’obiettivo.

Cosa si aspetterebbe?

Quando sento parlare di politiche di conciliazione, si parla del settore pubblico. E nel privato? Siamo di fronte ad un altro gap. Faccio un esempio: c’è una famiglia con la madre che lavora e il padre disoccupato. Volevano iscrivere la figlia ai corsi estivi ma non hanno diritto ai buoni di servizio perché il marito è disoccupato. Ecco, io non capisco come sia possibile. Chi vuol fare politica per le donne deve farlo anche per la famiglia. Sennò è demagogia.

Non pensa che 4 donne elette in un consiglio provinciale di 35 consiglieri pongano un problema di rappresentanza?

Ma il punto è che in consiglio provinciale noi dobbiamo mettere gente con buone idee e buone competenze, non mi interessa se è uomo, donna, vecchio, giovane, eterosessuale, omosessuale. Queste iniziative delle donne per le donne mi sembrano limitative. Come poi se Margherita Cogo e le altre non lo sapessero che per approvare questa legge in tempo bisognava muoversi prima. Del resto mi sembra palese che c’è chi in consiglio ha fatto poco e negli ultimi tre mesi punta ad ottenere visibilità con questa battaglia.

Magari però in consiglio potrebbe finirci qualche donna in più con buone idee e competenze, non trova?

Guardi, io dico che ci sono donne molto in gamba, che politicamente non vengono abbastanza considerate. Penso ad Aida Ruffini, o a Flavia Angeli per stare nella società civile. Ma sono capaci come persone prima che come donne. Per quello che vedo io facendo politica, le nuove generazioni hanno una concezione totalmente diversa dalle quote rosa e dalla doppia preferenza di genere.

Alle provinciali di ottobre pensa di votare una donna?

Io la donna che voterò l’ho già scelta, sarebbe un nuovo ingresso in consiglio provinciale. E comunque la scelgo in quanto persona, non perché donna.

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