«Dodici ore al pronto soccorso senza risolvere il mio problema»

La disavventura di un anziano paziente entrato in ospedale alle 14.30 ed è uscito alle 2 di notte «Posso capire il gran lavoro per il personale, ma il medico non può trattare così le persone...»


di Michele Stinghen


ROVERETO. Quasi dodici ore al pronto soccorso, e senza risolvere il problema. Questa è la spiacevole esperienza provata da un uomo di Rovereto, spiacevole anche perché il problema era tutt'altro che un'inezia, bensì un "tappo". Da sette giorni l'anziano non riusciva a scaricare, e per di più è afflitto da altre patologie e problemi di salute. Un anno fa, a causa dell'otturazione di due coronarie, ebbe due infarti ed ora porta due stent; ha un rene solo e pochi mesi fa gli è stata asportata la vescica. Lo scorso 28 giugno si reca al pronto soccorso, per cercare di togliere il "tappo". Arriva al pronto soccorso accompagnato dalla figlia e da un amico, Sisto Gori, che è stato testimone di un'odissea avvilente per lui e per chi lo accompagnava. Arriva all'ospedale alle 14.30. Ma solo dopo 4 ore è stato chiamato, e ha potuto spiegare al medico il suo stato di salute. Il dottore lo manda a fare i raggi. Torna in sala d'attesa, e deve aspettare ancora, perché le persone sono molte e nel frattempo arriva un codice rosso, con una persona colpita da infarto.

Arriva la sera, e la sala è ancora stracolma; per di più, dopo le 22, il personale del pronto soccorso si riduce a un medico e 4-5 infermieri. «Dopo sollecitazioni - scrive il paziente - alle 24 mi è stato fatto un clistere e poi sono stato accompagnato in una sala d'attesa interna, assieme ad altri malati». E anche qui, deve aspettare. L'attesa si protrae nel cuore della notte, nel mezzo arriva un altro uomo che salta la coda e parla direttamente col medico, il quale lo autorizza a portare la moglie per la visita. A quel punto decide anch'egli di andare dal medico, per cercare aiuto, visto che il clistere non ha risolto nulla. È l'una e mezza passata, l'amico Sisto Gori ricorda tutte le patologie di cui soffre l'amico al medico; cerca di insistere. A quel punto il medico, facendo presente che era solo, ha sbottato spazientito, uscendo con una battuta infelice, e risponde potevano anche uscire dal pronto soccorso. Interpellato tramite un infermiere, fa poi sapere che, visto l'affollamento, non avrebbe potuto garantire nulla e difficilmente sarebbe riuscito a togliere il tappo. Arrivano le due, e la figlia e Gori devono riaccompagnare il malato a casa, senza alcuna soluzione al problema. «Lascio ogni commento ad altri, sia sullo stato del pronto soccorso, sai sul modo di trattare i malcapitati costretti a recarvisi - conclude, aggiungengo alcune considerazioni generali - le diminuite risorse del servizio sanitario vanno a scapito dei pazienti e del personale, che è costretto a fare straordinari, mentre le cliniche private vanno a pieno ritmo. Scaricare i pazienti su queste non è un vantaggio per la Provincia, visto che gli ospedali pubblici hanno comunque un costo fisso; quello per le private diventa perciò un costo aggiuntivo».

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