Diga: il Tar fa ricca la Vallarsa

Per i giudici l’Imu va pagata per l’intero invaso: «Da Dolomiti Energia errori e calcoli al ribasso»


di Giuliano Lott


VALLARSA. In pochi avrebbero scommesso sulla vittoria: tre piccoli comuni che si rivolgono al Tar perché ritengono che la società concessionaria di un bacino idrico debba pagare un Imu proporzionale all’estensione del bacino artificiale stesso pare una trasposizione del mito di Davide e Golia. E come nel mito, il più piccolo vince. Ieri infatti il Tar ha accolto il ricorso di Trambileno, Vallarsa e Terragnolo contro Dolomiti Energia e la Provincia. Secondo i giudici, la società in mano pubblica ha presentato un valore catastale del bacino di San Colombano molto inferiore a quello effettivo e così ora il calcolo andrà ripetuto su ben altra base. Dolomiti Energia rischia di dover pagare cifre astronomiche rispetto a quelle preventivate, ma il rischio è un effetto a catena: se ogni comune su cui sorge un bacino idroelettrico chiederà di applicare l’Imu in base a questi parametri, il conto annuo per la concessionaria potrebbe salire a cifre con molti zeri.

Facciamo un passo indietro: Dolomiti Energia, concessionaria della la diga di San Colombano, ha stabilito una quota Imu - in base alla legge che per agli immobili di tipo D consente al proprietario di proporre una propria stima al Catasto - sul manufatto piuttosto bassa, defalcando sia l’estensione del bacino (si parla di 12 ettari) che la stessa diga, calcolata alla stregua di un vecchio muro senza valore. Il primo a reagire è stato il sindaco di Vallarsa Geremia Gios, il quale nella vita di tutti i giorni è docente di estimo catastale all’Università di Trento. Dal punto di vista tecnico, l’autovalutazione di Dolomiti Energia, assieme alla Provincia, aveva sollevato la perplessità del professore, ancor prima che quella del sindaco. Gios aveva impugnato la stima, che considerava troppo bassa, e ha coinvolto nell’azione legale sia il comune di Trambileno - su cui insiste buona parte del bacino - e di Terragnolo (sul cui territorio scorrono delle tubature a conduzione forzata). A sorpresa, il Tar ha dato ragione ai tre comuni “ribelli”: la stima è sottodimensionata e risente di alcuni gravi errori ed omissioni, che contrastano non con leggi di recente approvazione, ma con regolamenti di oltre 40 anni fa, che dovrebbero essere ben noti a chi istruisce la pratica.

Soddisfatta l’avvocato Maria Cristina Osele, che ha tutelato i tre comuni: «É una grande vittoria, che costituisce anche un precedente molto importante per ogni comune. I concessionari in Trentino pagano poco, anche in virtù di un accordo tra Dolomiti Energia e la Provincia. I comuni incassano cifre piuttosto modeste». Sul “quantum” è ancora prematuro: ora Dolomiti Energia dovrà rifare i calcoli. Ma secondo il legale la cifra dovuta sarà «almeno il triplo». Sui tempi però non c’è certezza: è probabile il ricorso del gestore al Consiglio di Stato.

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