«Delusa, è un autogol ma io non lascio il Pd»

Borgonovo Re: «Con Rossi abbiamo fatto il tappetino, mi chiedo cosa potrà fare di diverso il mio successore». «Dal presidente telefonata veloce, neanche grazie»


di Chiara Bert


TRENTO. «Non è stato un fulmine a ciel sereno, ci sono state due settimane in cui ho avuto tutto il tempo di fare amicizia con questo cambiamento, e quando è arrivato ero pronta», ammette Donata Borgonovo Re. La sua avventura in giunta si chiude dopo solo un anno e mezzo. Lei reagisce amareggiata ma senza intenti bellicosi: «Sono sempre stata un elemento spurio nel partito e in giunta, ma faccio parte del Pd oggi più di due anni fa».

Consigliera, se l’aspettava?

Il Pd aveva individuato un percorso possibile, evidentemente il presidente non aveva in mente questo. Sul piano politico avremo il coordinamento con il gruppo consiliare e lì avremo modo di confrontarci e da lì uscirà una posizione.

Quale reazione si aspetta?

Qualsiasi cosa io dica può apparire come l’espressione di un desiderio o di un interesse personale, è bene sia il partito ad esprimersi. Certo lo schema che avevamo in mente prevedeva dopo il passaggio d’aula, l’apertura di una discussione ampia con la maggioranza sull’azione della giunta, discussione che non escludeva revisioni sulle deleghe.

Non è andata così...

Certo, se un nostro collega invece di fare riferimento al percorso del Pd o almeno alla riunione convocata per questa sera per condividere le scelte, prende decisioni in autonomia, siamo fuori da un patto politico serio.

In questi giorni lei ha parlato anche con Luca Zeni in consiglio. È delusa?

Assolutamente sì. Questo è un autogol politico enorme. Le voci più dure in questi anni dicevano che il Pd non è un taxi che si prende per i propri interessi personali ma un luogo collettivo dove si maturano decisioni insieme. La pagina di oggi sconfessa questa idea. Bastava dire: caro presidente, alle 18 abbiamo il coordinamento e alle 19 ti dò la risposta. È prevalsa la linea «arraffa».

Non crede che Zeni abbia avvertito che aveva il sostegno del gruppo dirigente?

Siamo umani e non siamo tutti uguali. Tutti abbiamo le nostre giuste ambizioni, però osservo che il partito è comodo quando corrisponde alla domanda del singolo, se il desiderio del singolo si discosta il partito è ininfluente. Avevamo trovato un percorso comune che per due terzi si è realizzato. Mancava l’ultimo passaggio, siamo andati a tappetino.

Si aspettava una difesa più forte dal suo partito?

Io sono sempre stata un elemento spurio, ne sono consapevole. Lo sono stata nel partito e nell’esecutivo. Nel gruppo consiliare ci sono due gruppi che faticosamente sono riusciti a tenere un equilibrio. Può essere che il coordinamento dica che aver saltato un passaggio è il male minore in nome della continuità. Il partito farà la sua valutazione e a quella ci atterremo. Il lavoro si farà sul piano politico.

Tornando indietro cambierebbe qualcosa?

C’è una situazione surreale che si fonda non su contrasti nel merito delle scelte, infatti mi chiedo sommessamente chi verrà dopo di me cosa potrà fare di diverso rispetto al lavoro che avevo impostato. Sul metodo ho sempre detto che si può migliorare, come dice Emily Dickinson “dì la verità ma dilla di sbieco perché se la dici troppo dritta uno rischia di restare cieco dallo splendore del vero”. Mi chiedo da quando in qua l’elemento caratteriale diventa significativo sul piano politico, temo che resterà un mio interrogativo.

Perché si definisce un elemento spurio?

Mi è stato detto “sei diversa, non sei dei nostri, sei fatta così ma sei in buona fede”. Il mio particolare modo di essere era noto a tutti fin dall’inizio. Se il presidente riteneva che fossi troppo diretta e irruente, magari poteva darmi delle deleghe dove il pericolo di andare a schiantarsi contro qualche ostacolo lo correvo meno. È un interrogativo che mi pongo. Mi sono buttata a capofitto nel lavoro e non ho considerato che oggi è importantissimo avere canali aperti di comunicazione con i cittadini. Ora dovrò spiegare quello che ho fatto.

Pensa di lasciare il Pd e la maggioranza?

I cittadini mi hanno dato il loro voto come consigliera provinciale e questa è la mia prima responsabilità. Io faccio parte del Pd oggi più di due anni fa e sono orgogliosa di essere dentro questo partito. Non sono io a pormi il problema di lasciare il Pd. Adesso la grossa sfida è portare il Pd al congresso in una rinnovata condizione di buon rapporto con le comunità e di recupero di un progetto politico che ci caratterizzi. Il futuro è molto più lungo delle singole vite.

Il rapporto a livello personale con il presidente? Rossi ha detto che queste non sono mai decisioni facili...

È un problema suo, poteva evitare di farlo. Quella di oggi è stata una telefonata talmente veloce in cui non ha neanche osato dire che mi toglieva le deleghe, mi ha detto “ho preso la decisione della quale ti ho parlato negli incontri dei giorni scorsi, sai che è per la serenità della giunta e della maggioranza”. Punto. Arrivederci e grazie. Anzi senza grazie. A metà mattina mi era già arrivata a casa il decreto di revoca della nomina, la burocrazia provinciale quando vuole è di una puntualità spettacolare.













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