Dellai: "Faremo ricredere chi è andato a votare"

Il governatore sul referendum: "Centomila trentini hanno detto sì? E' una minoranza che non va trascurata"


di Robert Tosin


TRENTO. Ha votato un trentino su quattro, segno che la questione delle Comunità di valle non entusiasma il popolo. Nè in un verso (nel 2010 per eleggere gli amministratori andò alle urne il 44%), né nell’altro (27,38% l’altro ieri a decidere per l’abrogazione). Ma i dati di domenica permettono di fare una serie di ragionamenti sulla riforma istituzionale fortemente voluta dalla maggioranza di governo, obiettivamente poco capita dai trentini, i quali però non se la sono sentita di buttare tutto al macero e sono disponibili a dare credito ai nuovi enti e a chi li ha voluti.

Presidente Dellai, questo referendum si può archiviare.

E’ finita come doveva finire. La generalità dei cittadini non ha abboccato alla demagogia della Lega, né al richiamo del Pdl che all’ultimo è salito sul carro. Un carro che è andato a sbattere.

Come mai, secondo lei?

Perché i trentini hanno la testa sul collo. Si trattava di un salto nel buio, visto che non esisteva un’alternativa. E’ fallito il tentativo di dare una spallata alla riforma. Il referendum era ispirato dalla demagogia e non da una seria alternativa politica istituzionale.

Il referendum è naufragato, d’accordo, però deve tenere conto che bene o male 100 mila trentini sono andati alle urne e hanno bocciato le Comunità di valle.

Non sminuiamo quei voti, ci mancherebbe. E centomila non è un numero trascurabile. Ne dobbiamo tenere conto assolutamente e dare delle risposte.

Che rischiano di essere molte.

In effetti per quello che ho sentito in giro non c’è una motivazione univoca che ha indotto quei trentini a votare per l’abrogazione. C’è chi ha votato per un diffuso senso di ostilità nei confronti della politica, chi invece ritiene che la riforma metta a rischio i Comuni (infatti le percentuali più alte di affluenza si sono avute nei piccoli centri), altri hanno votato per il motivo opposto e cioè perché vedono nelle Comunità un ulteriore livello amministrativo.

Dubbi che però hanno anche molti di coloro che non hanno votato.

Dubbi comprensibili ma non giustificati. Chi non ha votato dà ancora credito e vuole vedere se la riforma funziona. E’ una sfida che sta a noi raccogliere, anche correggendo il lavoro che stiamo facendo. Ma daremo risposte rispettose, punto su punto, anche a quella minoranza non trascurabile - e lo ripeto: non trascurabile - che ha votato sì”.

Tra i sostenitori della riforma c’è chi si lamenta del fatto che la Provincia è stata troppo timida nel passare le competenze: doveva fare più in fretta.

Obiezione che ho sentito anche io, ma quando chiedevo di farmi un solo esempio non ho mai avuto risposta. Stiamo procedendo con buon senso. Questo passaggio istituzionale richiede gradualità perché coinvolge molte persone e settori estremamente delicati. Ma dobbiamo anche dire che il cuore della riforma è già nelle mani delle Comunità di valle. Pensiamo solo alle politiche sociali e ai Piani già approntati. Forse il lavoro fatto è poco appariscente, ma il territorio si è misurato sui propri bisogni e sui disagi a cui deve dare risposta, studiando anche forme di flessibilità particolari. Le Comunità sono operative da un anno e mezzo eppure si sono già fatti passi da gigante.

E i costi?

A regime i risparmi ci saranno e si vedranno tutti.

Col referendum alle spalle, dunque, ora avanti tutta?

Certo. Dovremo accelerare, ma con giudizio, senza bruciare le tappe. Ora attendiamo le Comunità a dare il loro fondamentale contributo assieme alla Provincia per lo sviluppo economico. Continueremo gli incontri con le giunte sul territorio e parleremo con i Comuni.

Lega e Pdl hanno fatto autogol?

Non giudico le strategie politiche degli altri partiti. Certo è che questa non è stata un’iniziativa indovinata. Sarebbe stato meglio se avessero aperto un confronto a 360 gradi sulla riforma, suggerendo eventuali correzioni. Siamo aperti a discutere tutti i suggerimenti che dovessero arrivare da chiunque per migliorare la riforma.

Il Pdl ha fatto la sua proposta con un disegno di legge.

Insostenibile. Le unioni dei Comuni sono le Comunità. Avrebbero senso solo se finalizzate alle fusioni, sulle quali noi non spingiamo. Non sarebbe fattibile passare competenze a unioni di Comuni che spuntano a macchia di leopardo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano