Dellai chiude l'esperienza Upte lancia il "Partito del Trentino"

Il governatore dopo la sconfitta elettorale prova a rimescolare le carte: "Penso a Una nuova formazione territoriale - spiega - di animo popolare e autonomista, ma aperta a tutte le forze riformatrici e alleata del Pd"


Luca Petermaier


TRENTO. Il presidente Lorenzo Dellai decreta la fine dell’esperienza dell’Upt e si lancia nell’(ennesima) nuova sfida politica: il Partito del Trentino. «Una nuova formazione territoriale - spiega - di animo popolare e autonomista, ma aperta a tutte le forze riformatrici e alleata del Pd». Il governatore prende tutti in contropiede, guardando al 2013 da protagonista. E agli alleati che già fremono per prendere il suo posto manda a dire: «Il mio futuro? Voglio essere protagonista della nascita di questo nuovo partito tornando a fare politica tra la gente».
Presidente, partiamo dai risultati delle Comunali: nei ballottaggi l’Upt non è andata bene, mentre il Pd ha trionfato. Qual è la sua riflessione?
«Potrei dire, scherzando, che vincere un’amichevole non è vincere il campionato».
Stoccata agli alleati...
«In realtà il dato che è emerso chiaro è che l’alleanza di centro sinistra autonomista si rafforza. Spiace doverlo ricordare, soprattutto ad alcuni esponenti della mia stessa coalizione che hanno già emesso sentenze interessate, volte ad occupare spazi politici che si presume possano rimanere liberi anziché impegnarsi in analisi serie».
Riconosce degli errori commessi dall’Upt?
«Certo, errori anche gravi soprattutto nei grandi centri dove vorrei dire che ci siamo quasi suicidati».
E subito gli alleati se ne sono approfittati, soprattutto il Pd che già reclama la leadership per il 2013. Pronto a cedere lo scettro?
«Mi sembra manchi uno sguardo di lungo periodo in queste riflessioni. Io vedo all’orizzonte tempi molto difficili, soprattutto a livello nazionale. Il Trentino è dentro a questo scenario e non vorrei che la coalizione si attardasse in inutili tatticismi anziché guardare la realtà».
Che cosa la preoccupa, presidente?
«C’è un’Europa stanca che non cresce e l’Italia sembra essere sulla tolda di una nave che sta affondando e noi ci stiamo baloccando in questioni senza senso. Siamo ad un bivio».
Due strade che portano dove?
«Da un lato avverto il rischio di un Trentino che si lascia prendere dalla sindrome da “autodigestione”, una terra ricca e sazia che si è impigrita e che copia la parte peggiore del Paese, con polemiche spicciole, la tendenza ad organizzare tutto attraverso comitati di protesta e il gusto di guardare dal buco della serratura».
L’altro bivio?
«E’ quello di essere veramente glocal, avendo una chance grandissima. Dobbiamo investire sulla conoscenza, ma anche sulla nostra identità. Direi che dobbiamo costruire un nuovo umanesimo. Solo così possiamo evitare il rischio della mediocrità e della rassegnazione al declino. La domanda è: la nostra politica è attrezzata per fare questo percorso o, come sembra, si è appiattita su dibattiti da salotto che assomigliano un po’ a delle rese dei conti?».
Secondo lei?
«Propendo per questa seconda tesi. Penso alla discussione assurda su chi sarà il mio successore: basterebbe consultare l’usciere della facoltà di politologia per capire che è un suicidio porre tre anni e mezzo prima del tempo questo tema».
Di che cosa avrebbe bisogno, allora, la politica trentina?
«Di due fattori: stabilità e innovazione. Stabilità perché dobbiamo dare ai trentini la certezza che l’asse del governo è saldamente in mano all’alleanza di centro sinistra autonomista. E innovazione perché questa stessa alleanza deve diventare più robusta. Oggi la vedo precaria, minacciata da untori e ayatollah».
Chi sarebbero?
«Non faccio nomi, parlo di persone che guardano solo alla spartizione degli spazi interni alla coalizione e di posizioni integraliste che non corrispondono allo spirito dell’alleanza».
Presidente, il Trentino ha sempre anticipato i grandi passaggi politici italiani: come pensa di dare ossigeno ad un’Upt che sembra spompato?
«Noi dobbiamo completare il percorso iniziato nel 1998. Come? Costruendo un vero e proprio partito del Trentino».
Con quali caratteristiche?
«Deve essere erede delle tradizioni popolari e autonomiste, ma nel contempo e inscindibilmente essere aperto a tutte le culture democratiche e riformatrici del Trentino, a prescindere dalle collocazioni politiche attuali. Deve avere un rapporto stretto con l’Svp e con gli altri partiti territoriali che stanno nascendo in giro per l’Italia».
Lei ha parlato di tradizione autonomista: quale dovrebbe essere il rapporto con il Patt?
«Toccherà a loro decidere se confluire in questo nuovo progetto. L’Upt deve essere coraggiosa e iniziare comunque questo percorso, anche da sola. Non cerchiamo una semplice fusione dei due partiti, non avrebbe senso. Penso ad un nuovo progetto politico, con una classe dirigente in parte nuova, con nuovi contenuti e un nuovo linguaggio che non sia, come è stato finora l’Upt, solo il partito del radicamento ma un partito territoriale dal forte profilo programmatico alleato con il Pd, ma aperto a tutti».
E Lorenzo Dellai che ruolo dovrebbe avere in questo nuovo partito?
«Intanto resterò saldamente presidente della Provincia fino al 2013, nonostante i maligni dicano che io ho già la testa altrove. Poi vorrei avere un ruolo per costruire questo progetto. Cercherò di discuterlo e renderlo forte, voglio tornare - come nel 1998 - a frequentare internet e le caneve. E poi cercherò di tenere i contatti con Roma, perché non sarebbe giusto isolarci»













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