Dal kebab alla bufala: raffica di chiusure

In piazza Vittoria ceduto un chiosco, in vendita un altro: «Un tracollo». Sul mercato anche un negozio di via Cavour


di Luca Marognoli


TRENTO. Forse non torneranno tutti in patria abbandonando l’“ex terra promessa”, come Mirza Sohail Acta, che ha messo in vendita il suo Döner Kebab in via Rosmini. Ma altri come lui hanno deciso di chiudere i battenti delle loro attività. E non solo stranieri, perché la crisi e la burocrazia (come il palato)non fanno distinzioni di nazionalità o di etnia. Nel mercato storico di piazza Vittoria, su uno dei chioschi rinnovati su iniziativa del Comune nel 2012, campeggia già la scritta “vendesi”. «Ma un paio di mesi fa ha lasciato anche Ahmed, che vendeva kebab e ha ceduto il suo spazio alla salumeria Belli», spiega il titolare della gastronomia Cosimo Russo, lavisano originario di Battipaglia, nel Salernitano. Ora lui farà lo stesso. O per lo meno vorrebbe farlo, se trovasse qualcuno pronto a comprare, visto che è da marzo che tenta di andarsene. «Sono venuti in molti, ma chi lo vuole regalato, chi spera che io gli faccia da banca, chi propone di pagare il primo affitto fra tre mesi... C’è chi è venuto a prendere le misure di tutto il chiosco, ma poi non l’ho più visto». L’interesse, quindi, c’è, ma in pochi sono pronti ad aprire il portafoglio, sebbene Russo spieghi che il prezzo sia «molto inferiore di quello che ho pagato io due anni fa». Ma chiudere è diventata una necessità economica: «Qui non si lavora, stiamo rantolando. Gli incassi non permettono neppure di pagare le spese».

Il commerciante ha già abbassato le serrande di altri due negozi, uno quest’anno a Pergine e uno l’anno scorso a Lavis, entrambi dopo circa due anni di attività. Poi ha tentato la carta del mercatino di piazza Vittoria, che Palazzo Thun aveva provato a rilanciare con una pavimentazione e dei chioschi nuovissimi. «È sempre stata fiacca. Io vendo formaggi, pasta, vino, olio, vasetti e la bufala, che ha sofferto della pubblicità negativa derivante dalla “terra dei fuochi”. Non è servito a nulla dire e scrivere che le mie mozzarelle vengono da Eboli». Poi c’è la posizione, che nonostante gli sforzi fatti per rendere la piazza più bella, la taglia fuori dai principali flussi. «Purtroppo fanno di tutto per incrementare l’attrattività di piazza Fiera e piazza Duomo e noi siamo esclusi anche dagli eventi natalizi, pur pagando fior di soldi per l’occupazione del suolo pubblico. Basta guardare il passaggio in via Gardibaldi e fare un confronto: lì in mezz’ora conti 500 persone, qui al massimo cinque. Ho tenuto aperto il giorno della mezza maratona e sa che incasso ho fatto? Sette euro e 80 centesimi. E in giro c’erano migliaia di persone. Ora che trasformeranno in Ztl anche via Roggia Grande e via Calepina, il mercatino andrà a morire».

Al Döner Kebab di via Cavour, la musica non cambia. «Anch’io lascio: o vendo o chiudo», dice Mehmet Bicerim, 34 anni, curdo. «Ma non sarò l’unico a farlo. È una questione psicologica: giornali, tv e internet dicono che l’Italia è in crisi, ma lo stipendio ce l’hanno tutti. È vero che ci sono dei settori che soffrono più di altri, però la gente è spaventatissima: questo è il problema». Il costo della vita ha fatto la sua parte: «Anche gli studenti vengono meno di un tempo. Se pagano 200 euro minimo di alloggio, 50 di vestiti, 30 di telefono e altri soldi per libri e quaderni, alla fine si arrangiano mangiando a casa loro».

Trento si conferma una piazza complicata: «Con i miei fratelli abbiamo un negozio in Alto Adige, uno in Veneto e abbiamo appena aperto un ristorante a Rovereto. In Alto Adige gli affari vanno molto bene. Siamo qui dal 2011 ma per noi ci sono sempre state difficoltà».

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