nuove povertà

Dal Comune aiuti speciali sotto forma di buoni viveri

In un anno 40 mila euro alle famiglie in difficoltà. Per il sociale un budget totale di 25 milioni di euro


di Luca Marognoli


TRENTO. Quarantamila euro in buoni viveri in un anno per l’acquisto di generi di prima necessità. In piena crisi economica il Comune interviene anche con strumenti inediti per aiutare famiglie in condizioni di emergenza. La somma è parte del budget, di 260 mila euro, che nel 2013 Palazzo Thun ha destinato agli “interventi economici straordinari”. La decisione di erogare questi sussidi non in denaro ma in generi alimentari viene assunta su proposta dell’assistente sociale o di un’apposita commissione tecnica. «La legge provinciale (n.13 del 2007, ndr) prevede una serie di interventi socio-assistenziali, tra i quali c’è la possibilità di dare aiuti straordinari, eccezionali e anche limitati in termini di importo, per emergenze sociali», spiega Paolo Frenez, dirigente del Servizio Attività sociali del Comune. «Vengono destinati a pagare bollette, la mensa dei ragazzi, vestiario... Tutte spese legate alla sussistenza e documentate, per essere sicuri che i buoni vengano utilizzati a questo fine. Tant'è che con essi non si può comprare alcol».

I destinatari sono «persone segnalate dai servizi sociali, in condizioni di povertà: si tratta soprattutto di nuclei familiari con situazioni contingenti di gravi difficoltà e, in minima parte, anche di singoli».

In crescita le cosiddette “nuove povertà”: «La separazione dei coniugi vuol dire caduta nella povertà quasi immediata», spiega l’assessora Mariachiara Franzoia. «Con la perdita del lavoro e gli sfratti (sia da Itea che da privati) è tra le drammaticità più gravi, con numeri preoccupanti. L'emergenza lavoro sta cambiando anche il tipo di assistenza, oggi più economica che di servizi». Le assistenze economiche erogate da Palazzo Thun «ammontano a 25 milioni di euro, escluse le compartecipazioni, e vengono gestite in delega diretta dalla Provincia per Trento, Cimone e Garniga». Questo il dettaglio delle spese: «6 milioni per l'assistenza domiciliare ad anziani e disabili, 10 milioni per i servizi a retta (alla persona, soprattutto disabili e minori) residenziali o semiresidenziali, in particolare laboratori; circa 5 milioni di contributi a bilancio, cioè dati annualmente per gestione di progetti di prevenzione e assistenza da parte di cooperative e associazioni (di ragazzi, disabili e anziani); 2,5 milioni di contributi economici, che si differenziano in: reddito di garanzia (490 mila euro), assegni di cura (563 mila), assegni per il nucleo familiare (464 mila), rimborso di ticket sanitari (7 mila), assegni di maternità (246 mila euro), anticipazione di assegni di mantenimento, in caso di separazione del coniuge (398 mila), sussidio straordinario (264 mila)». Scendendo ancor più nel particolare, per il reddito di garanzia sono stati effettuati 369 interventi per 190 nuclei (spesa media pro capite per intervento 1.329 euro), per i sussidi straordinari 471 per 349 (562 euro), per gli assegni di cura 77 per 77 (7.317 euro), per gli assegni per il nucleo familiare 358 per 349 (1.296 euro), per il rimborso di ticket sanitari 52 per 44 (135 euro), per l’anticipazione dell’assegno di mantenimento 209 per 129 (1.904), per gli assegni di maternità 146 per 146 (1.688)». La maggior parte dei fondi - conclude Franzoia - «segue criteri di reddito analoghi all'Icef, mentre proprio i sussidi straordinari e una parte di reddito di garanzia viene dato con una valutazione sociale nostra finalizzata al reinserimento e al recupero».













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