Cottarelli sferza il governo «Robin Hood al contrario» 

Il dibattito al Sociale. L’ex commissario alla spending review: «Se voleva aiutare i poveri poteva aumentare le tasse ai ricchi, non prendere soldi a prestito». Alan Friedman: «Quota 100 e reddito di cittadinanza deprimono l’economia»


LUCA PETERMAIER


Trento. «Per aiutare i poveri il governo sta facendo come Robin Hood ma al contrario. Se davvero voleva aiutarli, poteva aumentare le tasse a chi è abbiente, ma prendere i soldi a prestito non ha senso». Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review, per qualche giorno presidente incaricato prima dell’attuale governo giallo-verde e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, non ha risparmiato un giudizio sferzante sul governo italiano. L’economista ieri sera è stato ospite al Teatro Sociale di Trento (gremito), invitato dalla Fondazione Caritro e introdotto dal presidente Michele Iori, insieme al giornalista americano Alan Friedman e al caporedattore del Sole 24 Ore Mauro Meazza a discutere di tasse, welfare e spread.

Siamo davvero alla resa dei conti (pubblici) italiani? “Diciamo che non ci siamo molto lontani, perché la nostra economia in questo momento è troppo fragile, soggetta a scossoni che arrivano dall’esterno e che rischiano di farci piombare in una crisi simile a quella del 2011”, risponde Cottarelli. Il professore sembra più preoccupato delle possibili insidie esterne all’economia italiana rispetto all’andamento attuale dei conti pubblici che vedono un aumento del debito pubblico da capogiro (nel solo 2018 oltre 70 miliardi in più): “Se l’economia mondiale continua a crescere e quella europea si riprende, allora noi possiamo andare avanti senza crescere molto, barcamenandoci così come abbiamo fatto negli ultimi anni. Certo, il contesto internazionale – oggi – non è dei più sereni. La Brexit rimane ad oggi un’incognita, l’economia tedesca si è fermata ma da alcuni recenti segnali pare in lieve ripresa, la guerra dei dazi credo si risolverà. Il problema è un altro: la nostra economia non è robusta rispetto agli choc esterni, viviamo perciò nell’incertezza. Le altre economie europee sono sufficientemente stabili per resistere agli scossoni, noi no. E se le cose cominciano ad andare male, gli speculatori se la prenderanno con noi, non con altri, probabilmente pensando che per risolvere i problemi usciremo dall’euro. Il tema è questo, anche se oggi l’uscita dalla moneta unica non è più all’ordine del giorno”.

In questo contesto, secondo Cottarelli, l’accordo con la Cina lascia il tempo che trova “se non accompagnato da una strategia europea comune in fatto di accordi commerciali a Oriente. Strategia che al momento non vedo”.

Viste le sue previsioni sull’andamento dell’economia italiana (sempre azzeccate negli ultimi mesi) qualcuno potrebbe pensare che Cottarelli sia una specie di vate (o menagramo, a seconda dei punti di vista). Lui sorride: “In effetti le ho azzeccate tutte, partendo dalle previsioni sulla crescita. Avevo anche previsto, nel luglio dell’anno scorso, che più o meno Italia ed Europa si sarebbero messi d’accordo su un deficit del 2%, cosa che alla fine è avvenuta”.

E quindi una previsione sulla crescita del 2019 quale potrebbe essere? Cottarelli non si tira indietro: “Tra lo 0,3 e lo 0,4%, poca cosa ma almeno non saremmo in recessione. Certo, per arrivare a questo livello ci vorrebbe un’accelerazione della crescita nei prossimi mesi”. E una manovra correttiva, lei la farebbe? “Se i mercati se ne stanno tranquilli io non la farei. Piuttosto accetterei per quest’anno un deficit più alto. Ma se i mercati cominciassero a speculare e lo spread salisse, allora mettere mano ai conti sarebbe inevitabile”.

Anche Alan Friedman, giornalista americano ed esperto di economia, profondo conoscitore delle “cose italiane” invita il governo a prepararsi rispetto alle turbolenze che arrivano dall’esterno: “Ma l’andamento dell’economia europea e mondiale, la Brexit, la guerra dei dazi sono solo la metà del problema. L’altra metà sono le politiche recessive di questo governo. Reddito di cittadinanza e quota 100 non spingono l’economia, ma al contrario la deprimono perché sono manovre assistenzialiste che non hanno alcun effetto moltiplicatore, cosa che avrebbero invece gli investimenti pubblici”. Friedman boccia anche la flat tax (“In Europa non la applica nessuno, e chi dice che l’ha usata Ronald Reagan dice il falso”) mentre punta sulla riduzione del costo del lavoro: “Cominciamo ad alleggerire i costi non dei ricchi, che con la flat tax pagherebbero ancora meno, ma di quei piccoli imprenditori che sono la colonna portante dell’economia italiana e che oggi devono andare avanti nonostante questo governo”. Insomma secondo Friedman il governo sta facendo «scelte da incompetenti». Secondo Friedman, infine, l’accordo dell’Italia con la Cina (la famosa “Via della Seta”) altro non sarebbe se non una specie di bluff: “Un patto che non offre nulla di diverso rispetto ai normali rapporti commerciali già in atto tra i due paesi. Quando è andato a Parigi, il presidente cinese ha concluso accordi commerciali per oltre 30 miliardi, mentre all’Italia ha lasciato le briciole, due miseri miliardi di accordo: una mancia o poco più”.













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