la sentenza

Contromano mortale, niente sconti

I giudici della Corte d’appello hanno confermato i 4 anni di reclusione a Patrizia Benedetti per la tragedia al Bus de Vela



TRENTO. In primo grado, il 18 dicembre scorso, Patrizia Benedetti era stata condannata a 4 anni di reclusione per omicidio colposo. Ieri, a distanza di nove mesi dalla tragedia, la vicenda della donna che il 19 luglio dello scorso anno ha imboccato contro mano la Gardesana occidentale e al Bus de Vela s’è schiantata contro la moto su cui viaggiavano Laura Nardon, 47 anni, e il marito Francesco Merz, 46 anni, è approdata in Corte d’appello, a Trento.

E i giudici di secondo grado hanno confermato la sentenza pronunciata a dicembre dal giudice Guglielmo Avolio: 4 anni di reclusione (8 mesi per il reato di omicidio colposo plurimo e a 4 mesi per la guida in stato di ebbrezza). In aula, al secondo piano del palazzo di Giustizia di Trento, il suo legale, l’avvocato Paolo Chiariello. Assente, invece, la cinquantenne maestra di Cles, ancora agli arresti domiciliari in una clinica veneta dove si trova per curarsi.

I giudici d’appello hanno ora 60 giorni per le motivazioni della sentenza e, dal momento in cui queste saranno depositate, il legale ha altri 45 giorni per decidere se ricorrere in Cassazione. Tempi fissati dalla legge che, però, potrebbero consentire all’avvocato di presentare istanza di sospensione della pena (gli arresti domiciliari) e, contemporaneamente, una richiesta che la sua assistita possa svolgere lavori socialmente utili. Se ai 9 mesi di domiciliari si aggiungono i 60 giorni per le motivazioni e i 45 per decidere se ricorrere, si superano i 12 mesi di arresto e, a quel punto, a Benedetti resterà da scontare una pena residua di 3 anni. Soglia minima perché l’avvocato possa presentare un’istanza che offra alla donna un’alternativa alla detenzione. Ma per ore si tratta solo di ipotesi.

Di certo, al momento, c’è solo la tragedia di due vite spezzate, di una famiglia distrutta (Laura Nardon e Francesco Merz stavano tornando a casa a Cembra dove li aspettavano i loro due figli minorenni) e di un’altra famiglia, quella di Benedetti, anch’essa segnata profondamente e per sempre da quanto accaduto in quel caldo pomeriggio di luglio.

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