Comuni, tesoretto dimezzato: 50 milioni

Ora serve un accordo con le Comunità di valle su come spenderli. Daldoss: «Siano opere strategiche per il territorio»


di Chiara Bert


TRENTO. La Provincia lo aveva annunciato come un «tesoretto» di 120 milioni, alimentato dagli avanzi di amministrazione dei Comuni che da quest’anno - per via dell’obbligo di pareggio di bilancio - non avrebbero più potuto utilizzare ciò che avevano messo da parte. Di qui la strada suggerita dalla giunta provinciale, che si è accollata il patto di stabilità dei Comuni e ha proposto loro di versare le risorse accantonate in un fondo strategico della Comunità di valle, che potrà impiegare quelle risorse nei prossimi anni per opere considerate strategiche per quel territorio.

Tutto semplice? Per niente. I sindaci, preoccupati di vedersi scippare dalle Comunità i propri risparmi, prima hanno fatto resistenza, poi in molti casi hanno provato a spenderli più in fretta che hanno potuto, entro la fine dell’anno, tanto che il governatore Rossi e l’assessore Daldoss a novembre avevano scritto loro una lettera: «Attenti a usare l’avanzo subito pur di non condividerlo. La Provincia quando dovrà distribuire i soldi del fondo per gli investimenti, premierà quei Comuni che hanno saputo lavorare insieme».

Conti alla mano, sul fondo strategico sono arrivati 50 milioni, meno della metà rispetto alle previsioni della Provincia fatte in base alle giacenze di cassa dei Comuni. Carlo Daldoss, assessore provinciale agli enti locali, è comunque soddisfatto: «Se avessimo detto qualche tempo fa che i Comuni versavano 50 milioni ci avrebbero presi per pazzi. È una cifra importante e io dò un giudizio molto positivo».

La Provincia è pronta a implementare il fondo di altri 60-70 milioni, ripartiti per Comunità. Ed entro qualche settimana l’assessore porterà in giunta la proposta di delibera con i criteri per redistribuire anche i 90-100 milioni del fondo investimenti (alimentato da risorse provinciali): il 30% andrà ai Comuni per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, il 70% alle Comunità.

Arrivare ad un accordo su come impiegare le risorse sarà un processo tutto politico, tra Comuni, Comunità e Provincia. La delibera di giunta fisserà anche la tempistica entro cui l'intesa andrà raggiunta e ribadirà che se un territorio non troverà l'accordo, a decidere sarà Piazza Dante, in base al cosiddetto “potere sostitutivo”. «Speriamo di non usarlo mai», chiarisce Daldoss, «ma serve di stimolo». «L’accordo di programma - spiega - individuerà quattro macro-obiettivi dentro i quali decidere le opere da realizzare. Sarà un piccolo esercizio politico, pensando a come immaginiamo il Trentino tra 10-15 anni». Qualche esempio? Daldoss cita la tecnologizzazione dei centri storici e delle stazioni turistiche, la cura del territorio, ma anche i plessi scolastici sovracomunali e le piste ciclabili nelle zone turistiche. «Vogliamo - dice - che i territori diventino protagonisti e partecipino ad individuare le priorità, anche se selezionare costerà un po’ di fatica». Il piano delle opere strategiche andrà sottoposto a un processo di partecipazione che va oltre le istituzioni: i cittadini saranno chiamati - come prevede la legge - a dire la loro attraverso incontri e momenti di informazione.

Paride Gianmoena, presidente del Consiglio delle autonomie, ricorda che «senza l’intuizione del fondo strategico avremmo 50 milioni di euro congelati». «Se c’è qualche sindaco che ha preferito accelerare per spendere l’avanzo, ben venga. C’è un controllo sociale e non esiste un sindaco senza senso di responsabilità». E sugli accordi che i Comuni ora dovranno trovare con le Comunità su quali opere finanziare, Gianmoena è ottimista: «Credo che potremo trovare delle intese sugli obiettivi strategici. Se non ne saremo capaci, è giusto che la Provincia intervenga. Non possiamo stare fermi».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano

Finanza

Raggiri sui fondi europei, tra le vittime anche dei residenti in Trentino Alto Adige

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, il meccanismo di frode era finalizzato a prospettare alle vittime la possibilità di accedere a finanziamenti erogati da organismi dell'Ue a condizioni molto vantaggiose. Ma per ottenerli era necessario pagare una somma per istruire la pratica: soldi da accreditare sui conti bancari di società aventi sede a Roma, Torino, Viareggio e Cagliari.