IL CASO A PERGINE

Coltiva marijuana per darla alle gallineA giudizio un ottantenne della Valsugana

A 83 anni sul banco degli imputati per aver coltivato 40 piante di canapa, si giustifica: "Usavo quei semi come mangime"


Luca Petermaier


PERGINE. «Chissà che uova fanno quelle galline». Vien da chiederselo sapendo che - i pennuti - crescono mangiando semi di canapa, marijuana insomma. Succede a Pergine, dove un anziano contadino della zona è finito a processo per detenzione di droga a fini di spaccio.

 Lui è G.B., classe 1927. Alla veneranda età di 83 anni ha provato la non consigliabile esperienza di ritrovarsi sul banco degli imputati accusato di aver piantato e coltivato 40 piante di marijuana, per un totale di 58 chilogrammi di foglie. Un bel tesoro, verrebbe da dire, se a coltivarlo nel giardino di casa fosse qualche ventenne un po’ sballato. E invece il «pusher» è un anziano che vive come un eremita nella sua casa di San Cristoforo, senza parenti né amici, lontano anni luce dalla civiltà tanto da aver risposto al suo avvocato che lo convocava a Trento per il processo: «Ma sono 15 anni che io non scendo in città».

 La vicenda giudiziaria è presto detta: nel 2008 una voce (forse quella di un vicino di casa) giunge alle orecchie dei finanzieri della tenenza di Borgo Valsugana: «In quel giardino si coltiva droga». Il sopralluogo delle fiamme gialle conferma l’indiscrezione: 40 piante di marijuana vengono sradicate e bruciate. Lui, il proprietario, viene denunciato e finisce sotto processo. Se la cava in primo grado, se la cava anche in appello ma la doccia fredda arriva a pochi passi da traguardo, in Cassazione: i giudici annullano la sentenza di assoluzione rinviando il caso al giudice di primo grado sostenendo che - in base alla nuova interpretazione delle Sezioni Unite - anche una sola piantina di marijuana è sufficiente ad integrare il reato di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio.

 Dunque arriviamo a ieri quando il processo riparte davanti al giudice dell’udienza preliminare Carlo Ancona. Il magistrato - consapevole della particolarità della situazione - ha deciso di rinviare l’udienza per consentire al legale dell’anziano - l’avvocato Andrea de Bertolini - di presentare una articolata memoria di difesa.
 Ma come difendersi di fronte a quaranta foltissime piante di marijuana cresciute nel giardino di casa? Nel modo più semplice, dicendo la verità. La verità è naturalmente tutta da dimostrare, ma è comunque la versione dell’anziano imputato: «Quelle piante sono cresciute da sole e io ne utilizzavo i semi come mangime per le galline». Il pm Marco Gallina (sì, proprio così) sarebbe anche disposto a crederci. Vediamo se lo farà il giudice.













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