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«Cles, adesso le priorità cambiano: prima l’acquedotto, poi la ciclabile»

Ruggero Mucchi presenta l’esperienza del comune noneso: «Efficienza, ma anche studio degli scenari e coinvolgimento dei cittadini» 


Ilaria Puccini


CLES. «Ripensare la gestione dell'acqua è fondamentale. E una delle priorità è sistemare la condotta d'adduzione idrica che dalle Moline porta l'acqua a Cles, un intervento da decine di milioni di euro insostenibile per le casse comunali. O qualcuno mi dà una mano o mi dovrò arrangiare, sto anche considerando di stornare dal bilancio l'ipotesi di un collegamento ciclabile per recuperare delle risorse».

È quanto afferma Ruggero Mucchi, sindaco del capoluogo noneso, da tempo attento agli scenari futuri di gestione dell'acqua in un Trentino sempre più siccitoso.

«A Cles, dal 2016 al 2018, con due milioni di euro abbiamo rifatto oltre due terzi dell'acquedotto urbano, mentre altri duecentomila euro sono a bilancio per la sostituzione di altre tubazioni ormai vetuste» riferisce. Ma se la rete idrica a uso civico non registra particolari problemi nel comune noneso, la situazione è molto più complessa appena al di fuori della cinta urbana: lo scorso 8 marzo, la condotta principale che rifornisce Cles - 15 km dalla sorgente Moline a Croviana, passando per Malè, Caldes, Cavizzana e altri comuni della Val di Sole - ha registrato una nuova rottura in località Faè. L'intervento di riparazione, grazie alla prontezza dei vigili del fuoco e degli operatori, è stato svolto in una notte, ma ha comunque comportato il blocco di diverse ore della statale 43, principale via d'ingresso al centro abitato.

Questo caso è solo l'ultimo di una lunga serie: «È un tubo che risale ai primi anni '70 e che continua a manifestare situazioni di fragilità. Ma i costi di un intervento strutturale sono fuori portata per noi» riferisce Mucchi.

Nel corso degli anni, spiega il primo cittadino, si sono attuate diverse riparazioni, tra cui proprio a Faè, nel 2001, in seguito a dissesti idrogeologici. Ma si trattava di 2-3 chilometri su un totale di 15. «Da quando sono in carica, la condotta ha richiesto almeno un intervento all'anno, e stavolta è accaduto proprio lungo la statale. Quel tubo ha una saldatura ogni 6-8 metri, è fuori tempo anche come tecnologia perché tutte le nuove tubazioni oggi hanno una guarnizione a bicchiere» spiega il primo cittadino.

Il tratto in “codice rosso” resta quello adiacente alla porzione riparata nel 2001, cioè quello da Faè alle vasche di accumulo di Cles,dove è avvenuta la rottura: «Si tratta di un intervento compreso tra i 3 e i 5 milioni di euro. È all'incirca l'ammontare di un collegamento di pista ciclabile, su cui però inizio ad avere delle riserve» spiega Mucchi.

Il rinnovo, insomma, non può più aspettare. «Si potrebbe intervenire anche in più fasi, da Mostizzolo al depuratore, infine dal depuratore alla sorgente».

Lo scorso autunno Cles aveva provato a partecipare al bando europeo "Acqua bene Comune". «Purtroppo siamo ancora lontani in graduatoria, bisognerebbe studiare con i ministeri competenti se la nostra posizione può essere smossa in qualche modo» riferisce il sindaco.

In ballo ci sono 37 milioni di euro per un triplice rinnovo di infrastrutture: le tubazioni di acqua potabile da Croviana a Cles, le tubazioni a uso irriguo che da Rabbi riforniscono i frutteti; infine la tubazione che andrà ad alimentare il depuratore in progetto in bassa Val di Sole. «Sicuramente sono opere che devono viaggiare in parallelo, anche per evitare l'impatto ambientale sul territorio» precisa Mucchi.

Ma i progetti sull’acqua in Val di Non per cercare di adattarsi alla mutata situazione ambientale non riguardano solo l’efficienza idrica: «È in corso l’ampliamento della vasca di contenimento Prandini la cui capacità passerà da 100 a 10000 metri cubi - aggiunge il sindaco - Ma lavoriamo anche sulla ricerca di nuove sorgenti e sulla possibilità di captazione con l'aiuto di un geologo locale, pur nella consapevolezza che questa fonte sarà sempre meno efficiente».

Insomma, anche qui, dove prima non ce n’era bisogno, in futuro potrebbe diventare sempre più necessario pompare acqua. «Questo richiederà grandi quantità di energia, che si potrebbe ricavare consentendo ai comuni di costruire gli impianti di pompaggio usando le derivazioni elettriche del basso Noce».

Sul lungo periodo, infine, potrebbe essere necessario lavorare anche con l'acqua affluente. «Berremo acqua di fiume anziché di sorgente» constata.

E poi la gestione delle emergenze, come il collegamento tra delle cisterne di proprietà della Provincia e l’ospedale per assicurarne il funzionamento durante un “blackout idrico”, la messa in comunicaizone di reti per usi diversi e la collaborazione con i sindaci dei comuni vicini in caso di siccità: questi sono solo alcuni esempi.

«L’attuazione dei progetti, tuttavia, dovrà essere essa stessa oggetto di studio, per assicurarci un’adeguata conoscenza delle possibilità, degli scenari e di come coinvolgere anche i cittadini» conclude Mucchi. Perché la tutela di una risorsa sempre più preziosa è una responsabilità collettiva.

 













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