Cinquanta trentini alla festa leghista

Bridi e Savoi fiduciosi: «Faremo pulizia. Ma il capo resta Bossi»


Ubaldo Cordellini


TRENTO. Un sms la sera di Pasquetta e in pochi minuti il presidente della Lega Alessandro Savoi ha riempito un pullman con cinquanta leghisti doc. Partenza ieri sera alle 6. Giusto in tempo per andare alla Festa dell'orgoglio padano per ascoltare Roberto Maroni che ha invitato all'unità della Lega chiamandola «La Potentissima». Bossi sul palco annuiva, a garantire la continuità con Bobo, il vero delfino, altro che il Trota traditore. Vittorio Bridi si è anche portato una scopa di quelle di saggina che usava la nonna: «Per fare pulizia». Sì perché quella a Bergamo non è una gita. Non è un viaggio come i soliti, una trasferta goliardica sul prato di Pontida. Qui è questione di vita o di morte. Mai come in questa occasione la Lega ha rischiato di sparire. E i colonnelli in camicia verde lo hanno capito.

Il segretario della Lega trentina è andato a Bergamo in anticipo, con la sua macchina. Savoi, invece, è salito sul pullman. Giacca marrone, gilet blu e camicia bianca, il presidente leghista ha lasciato alla cravatta, color smeraldo, il compito di testimoniare la sua fede. Una fede incrollabile che anche le traversie di questi giorni non hanno scalfito: «Faremo pulizie e ripartiremo più forti di prima».  La linea non è più quella di negare tutto e contrattaccare. Le dimissioni di Bossi junior e, prima di lui, l'addio del padre alla segreteria federale hanno dato l'esempio: «Queste cose dispiacciono. Ma siamo forti abbastanza per are pulizia da soli. Cacceremo le mele marce e andremo avanti. Ce la caveremo an che questa volta», urla Savoi al telefono dal pullman menre si sente il vocione di Claudio Civettini che si prepara alla festa bergamasca. Bridi, invece agita la sua scopa con tanto di coccarda verde.

C'è orgoglio per quello che ha saputo fare Bossi: «Tutti in Italia parlano di dimissioni, ma nessuno le dà. Bossi, invece, si è dimesso e ha fatto dimettere suo figlio. Fini aveva detto che si dimetteva dalla presidenza della Camera se si fosse provato che il cognato aveva comprato la famosa casa di Montecarlo. Però non si è dimesso. Bossi lo ha fatto. A dimostrazione che noi leghisti siamo diversi. Sapremo resistere anche a questa», recita come un mantra Savoi.  Certo, vedere il Trota che si intascava 50 euro del partito alla volta per le piccole necessità non deve avergli fatto bene, ma la fede nell'Umberto è la solita: «E' lui il capo. L'essenza della Lega e sarà sempre con noi».













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