Cinghiali, ronde notturne con cinque cacciatori

Chiese, il responsabile di sezione Niccolini annuncia la lotta senza quartiere: «Con le nuove cucciolate possono triplicare e provocare danni sempre più gravi»


di Ettore Zini


VALLE DEL CHIESE. Finalmente l’Associazione Cacciatori Trentini sta prendendo in seria considerazione la necessità di ridurre drasticamente i cinghiali in val del Chiese. Le pressioni politiche e le forti lamentele dei contadini, hanno indotto i vertici della caccia a ingaggiare contro l’animale selvatico che, da anni sta devastando le colture e le aree prative, una battaglia senza quartiere. Tanto per cominciare le battute notturne potranno essere effettuate, non più da uno, ma da cinque controllori accompagnati dal guardia caccia.

Poi sono ammesse due ore in più di caccia la sera. Infine si intensificano le pasturazioni, in modo da rendere più proficue le uscite notturne. Lo ha comunicato Severino Niccolini, consigliere distrettuale dell’associazione Cacciatori del Chiese, in occasione dell’ultima riunione della Consulta della caccia, a Condino, dove erano presenti tutti rettori della zona (11), i guardia caccia e il presidente Fabrizio Pizzini. Tema: il censimento di cervi, camosci e caprioli. Ma soprattutto il cinghiale. O meglio: le problematiche legate alla sua presenza. «Non possiamo inimicarci il mondo agricolo – ha spiegato il Niccolini – i cinghiali sono troppi e troppo dannosi. Il Comitato Faunistico impegna le sezioni ad una drastica azione di contenimento». Finora la caccia all’animale che sta mettendo a soqquadro intere aree della valle, è stata tiepida. Scarsi i risultati. La stessa normativa sul controllo del cinghiale, con cui la Provincia ha delegato ai cacciatori la selezione, è poco incisiva. L’aumento del cinghiale, immesso anni fa abusivamente, oggi consiglia una lotta più energica. «Una stima esatta è difficile, ma è ipotizzabile che oggi in zona gli esemplari siano più di 100. E con le nuove cucciolate (in media 6-7 piccoli, e solo 3 mesi di gestazione) l’incremento potrebbe arrivare anche al 300%».

I responsabili delle sezioni stanno prendendo coscienza della gravità del problema. Gli sconfinamenti dalla vicina provincia di Brescia, dove nel 2012 sono stati abbattuti 450 cinghiali (200 in Val Sabbia) stanno preoccupando, non solo i proprietari dei fondi. Se si vuole salvare la già povera agricoltura della zona bisogna ingaggiare con l’animale non autoctono, una battaglia senza quartiere. Sulle scrivanie di Fabrizio Giovannelli, funzionario dell’Ufficio Agricoltura di Tione, sono accatastati plichi di denunce di danneggiamenti. Le zone più colpite sono Storo, Condino, Cimego e Castello. «E’ in questi comuni, (ma anche a Daone e a Breguzzo) – fa sapere il funzionario – che si concentrano gli animali, e quindi anche i danni. Molti però si limitano a semplici segnalazioni, perché i fondi sono pochi, i risarcimenti coprono solo il 70% (a ripristino avvenuto), e solo per danni superiori a 1.000 euro. Il che vuol dire che molti rinunciano, anche perché niente esclude successive devastazioni». «I danni però sono ingentissimi. Sembra impossibile che un animale di questo tipo possa essere così invasivo, non solo per i terreni, ma anche ambiente e fauna». Ne è conscio anche Roberto Aldrighettoni, ispettore capo del servizio Fauna e Foreste di Tione: «La fase di controllo è però delegata ai guardia caccia e ai cacciatori. Noi interveniamo nel caso non vengano raggiunti gli abbattimenti programmati». L’intensificazione delle battute dovrebbe comunque riequilibrare il sistema, per arginare questo vero flagello.

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