Casa, due trentini su tre scelgono l’usato

Gabardi di Anama: «Costi di partenza più bassi e tassazione molto inferiore. Così si è invertita la tendenza verso il nuovo»


di Luca Marognoli


TRENTO. Meno caro e, soprattutto, meno gravato dalle tasse: in tempi di crisi il mattone usato è diventato più “leggero” per le tasche dei trentini. Da tre anni a questa parte la bilancia degli acquisti si è decisamente orientata verso gli immobili vecchi, fino a raggiungere una quota del 65%. Oggi solo uno su tre preferisce il nuovo, intimorito anche dalle difficoltà economiche delle imprese costruttrici. Lo afferma Marco Gabardi, presidente di Anama Confesercenti, precisando comunque che questo fenomeno si inserisce in una situazione ancora caratterizzata da una stagnazione.

Due i motivi che spingono a orientarsi verso immobili da tempo sul mercato. «Il primo è legato ai costi: un appartamento usato si paga meno in partenza», dice il rappresentante di categoria. Ma sono le tasse a condizionare in maniera più importante l’acquirente: «Le imposte di registro sulla rendita rivalutata sono sempre più basse rispetto all'Iva sul nuovo», spiega Gabardi, che fa l’esempio di un appartamento da 200 mila euro: «Chi lo compra paga 2 mila euro per la prima casa e 5-6 mila se l’immobile è a regime non agevolato, contro gli 8 mila (Iva al 4%) e i ben 20 mila (al 10%) per il nuovo. Ciò incide notevolmente sul bilancio di una famiglia. A queste cifre vanno sommate poi le spese notarili ed eventualmente di agenzia».

Queste le ragioni che spingono verso l’usato. Ma ce n’è anche una che frena l’acquisto del nuovo ed è legata a una questione di sfiducia verso i venditori: «La gente è molto attenta a mettere piede nei nuovi cantieri perché ha paura di concordati fallimentari», dice il presidente di Anama. «É giusto attingere le informazioni che servono, ma questo timore alimentato da tante chiacchiere. Se uno si affida a un mediatore professionista, può stare più tranquillo: potrà fare i controlli al Tavolare e pretendere un contratto chiaro».

Il risultato prodotto da questi fattori è che il 65% delle transazioni si riferiscono all’usato. Una percentuale che ha avuto un’impennata negli ultimi mesi: «Nel periodo pre-crisi eravamo a 50 e 50 - argomenta Gabardi -, poi c'è stato un picco del nuovo in coincidenza con le certificazioni ambientali, mentre una volta entrati nella crisi - che in Trentino è diventata più forte da inizio 2011 - c'è stato un ribaltamento fino a salire al livello attuale».

Per gli agenti immobiliari c’è stata una ricaduta positiva e una negativa: «Abbiamo registrato un aumento di richieste di mediazione da parte di chi vende, siano essi imprese o privati, perché gli obblighi di legge hanno reso tutto più complicato. L'acquirente, invece, cerca di risparmiare e preferisce rivolgersi a canali non ufficiali come portali internet e conoscenti. Tuttavia in questo ambito c'è stato un aumento del 2-3% negli ultimi due anni: questo perché per i compratori c'è una necessità di avere delle garanzie e di essere accompagnati da un professionista». Gli agenti, che oggi intervengono sul 41% delle compravendite, non possono in nessun modo aiutare le imprese a invertire la tendenza: «Il mediatore è disarmato: quando fai vedere due immobili e uno costa 15 mila euro in meno, diventa problematico convincere un acquirente a puntare sul nuovo. Una volta si era molto meno attenti al fattore imposte: il mercato aveva un incremento del 4-5% l’anno e il tuo immobile andava incontro nel breve termine a un apprezzamento significativo. Adesso va già bene se non c'è un decremento e purtroppo in alcune zona del Trentino stiamo assistendo a svalutazioni. É anche il motivo per cui le banche fanno molta difficoltà a finanziare oltre una certa percentuale. Il mercato immobiliare non perdona più errori di sopravvalutazione: oggi si pagano di tasca propria».

In questo quadro, secondo Gabardi i contributi a fondo perduto «daranno una boccata di ossigeno ai pochi che vi accederanno, ma non serviranno a riavviare il mercato immobiliare. Serve un'azione più mirata per fare in modo che il privato sia in grado di fornire alle banche garanzie accessorie».

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