«Cari trentini, sono qui da 18 mesi e non conosco nessuno» 

Dall’Africa a Trento con un viaggio terribile di sei mesi: «Avete paura, appena vi parliamo rispondete subito: no»


di Andrea Selva


TRENTO. Kandioura ha 22 anni, arriva dall’Africa, è in Trentino da un anno e mezzo ma non conosce nessun italiano. Comincia con lui, un giovane migrante, il viaggio del Trentino fra gli invisibili che vivono tra noi.

Kandioura quando sei partito dall’Africa?

Avevo 21 anni.

E’ stato un viaggio lungo?

Sei mesi. Ho viaggiato per terra e mare, fermandomi per lavorare quando non avevo soldi per pagare i trafficanti. È stato un viaggio molto duro, in un tratto eravamo 28 a bordo di un fuoristrada, un compagno è morto nel deserto. Alla fine sono sbarcato in Sicilia a bordo di un gommone: era il 17 aprile del 2016, quattro giorni dopo ero a Trento.

Da cosa fuggivi?

Non posso raccontarlo al giornale, ma l’ho riferito alla commissione del ministero che il 28 settembre ha ascoltato il mio racconto.

Sei a Trento da un anno e mezzo. Hai conosciuto qualche italiano?

No, conosco solo gli operatori e i volontari che si occupano dei profughi, le persone che mi ospitano e quelle della scuola, ma nessun altro. I miei amici sono tutti africani, non è facile entrare in relazione con i ragazzi italiani.

Perché?

Un giorno siamo andati a Riva del Garda a farci un giro. Volevamo chiedere un’informazione a un signore ma non abbiamo nemmeno fatto a tempo a parlare che ci ha detto: «No, non ho soldi». Quando parliamo con qualcuno prima di tutto ci dicono «no», credono tutti che vogliamo soldi. A volte dobbiamo chiedere un’informazione, ci sono le indicazioni ma se non sai dove sei devi chiedere e per noi la risposta è sempre «no».

Che cosa pensi di questo atteggiamento?

Penso che la gente abbia paura di noi. Se un africano fa qualcosa di brutto voi pensate che siamo tutti così, ma dappertutto nel mondo c’è gente simpatica e gente cattiva, non siamo tutti uguali. Sono soprattutto le donne ad avere paura di noi, anche le mamme con i bambini: quando ci vedono in gruppo stanno lontane, forse hanno paura della violenza, ma per noi è normale stare in gruppo. Voi trentini quando ci vedete assieme pensate subito che ci sia qualcosa che non va, che sia successo qualcosa, anche se siamo solo quattro o cinque amici in compagnia....

Come si vive in attesa di una risposta che potrebbe cambiarti la vita?

Male. Come dite voi italiani?

Con l’ansia.

Esatto. Perché non so quale sarà la risposta della commissione, né quanto tempo ci vorrà: alcuni miei compagni hanno aspettato anche sei mesi.

Come trascorri il tuo tempo?

All’inizio non c’era niente da fare, solo mangiare e dormire. Poi per fortuna abbiamo cominciato ad andare a scuola: ho fatto le scuole medie anche se le avevo già fatte in Africa, perché qui non sono valide. E poi seguo i corsi di meccanica all’Enaip.

Parli molto bene l’italiano. L’avevi studiato in Africa?

No, quando sono arrivato non sapevo nemmeno una parola. Sentivo dire sempre “ciao ciao”e non sapevo cosa voleva dire. Poi ho capito che è molto semplice: dici “ciao” quando arrivi e quando te ne vai, è facile! Poi sono migliorato molto con i corsi del Cinformi.

Come si vive con il pocket money

Abbiamo 2,5 euro al giorno, cioè 75 euro al mese. All’inizio li mettevamo via tutti i giorni, così alla fine del mese potevamo comprarci qualche vestito o la ricarica telefonica: ma le cose qui costano molto care e l’inverno fa freddo. Per comprare un paio di pantaloni o un paio di scarpe dobbiamo aspettare venti giorni. Non andiamo certo al bar con questi soldi, se è questo che vuoi sapere: non ne abbiamo abbastanza.

Pensi che ci sia in razzismo in Trentino?

Sì. L’ho provato di persona. Eravamo sul marciapiede quando un signore ci ha urlato dal finestrino: vaff. negri, siete scimmie. Ma non ho detto niente, sono andato a scuola e ho fatto silenzio anche se quelle parole mi hanno fatto male, perché qui siamo a casa loro e non possiamo fare niente, dobbiamo accettare tutto.

È questo che pensi?

Sì, non posso fare niente perché questa non è casa mia.

Cosa ti immagini per il tuo futuro?

Penso di continuare a studiare (come sto facendo) e imparare tante cose per poi trovarmi un lavoro, ecco quello che penso...

Ti immagini in qualche luogo particolare?

No, io non penso a nessuna altra parte: sono qui e voglio costruire qui il mio futuro.

Hai mai pensato di tornare in Africa?

Non lo so, non sono sicuro.

Chi hai lasciato a casa?

Mia madre e i miei fratelli.

Hai nostalgia?

I fratelli ormai sono grandi, ma sono preoccupato per mia madre.

La senti al telefono?

Sì.

Cosa non ti piace di Trento?

Odio il razzismo e il pregiudizio, non mi piacciono gli italiani che sono gentili e simpatici quando hanno bisogno di te e poi non ti salutano più.

E cosa invece di piace?

Mi piace il modo di vivere, la sicurezza e l'educazione che c'è qui, la scuola, l'istruzione, che è una cosa molto importante per il futuro. E poi lo sport.

Che sport ti piace?

Il calcio. Potevo anche giocare con l'Aquila ma gli allenamenti erano la sera, come la scuola. Alla fine ho scelto la scuola e le partite di calcio vado a farle a Canova.

In montagna ci vai?

Sì, sono stato a Sardagna e in valle di Non e in val di Sole (a fare volantinaggio) ma non sono fatto per la montagna.

Ce l'hai una ragazza?

No.

E questo ti manca?

Diciamo di sì, ma non è il mio primo problema. La cosa più importante per me sono i documenti, la risposta della commissione, poi il lavoro e quindi penserò a farmi degli amici italiani.

Ti capita di sentirti una persona invisibile?

Sì, perché voi italiani non volete vedere le persone come me. Per voi è come se noi non ci fossimo.

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