il caso

Bimbo in stato vegetativo ginecologo a processo

Un medico del Santa Chiara è accusato di non aver capito che durante il parto c’erano problemi e di non aver subito disposto il cesareo



TRENTO. Non ci vede, non ci sente, non si può muovere per niente, non può comunicare in nessuna maniera ed è affetto dalla più grave forma di epilessia. Ha quasi quattro anni e sta crescendo, ma è in stato vegetativo da quando è nato, il 5 dicembre 2012, alle 23 e 05. Una data e un’ora che rimarrà per sempre impressa nelle menti dei suoi genitori, una coppia di trentini, che da allora lo accudiscono con amore dolcezza infinite.

Ma anche con una pena senza fine. Aspettavano quel loro primo bimbo con gioia e speranza, ma quello che doveva essere il giorno più bello si è trasformato in un incubo. Per molto tempo è stato spiegato loro che il loro bambino era ridotto quasi a un vegetale per colpa del caso. Che non c’erano responsabilità. 

Ma loro hanno voluto vederci chiaro e si sono rivolti all’avvocato Franco Busana che, con tenacia e preparazione, è riuscito a portare il caso in Tribunale. Nei giorni scorsi, infatti, il pubblico ministero Marco Gallina ha firmato il decreto di citazione a giudizio per lesioni colpose nei confronti del ginecologo dell’ospedale Santa Chiara che aveva assistito durante il parto la madre del bambino. L’ipotesi dell’accusa è che il bambino stesse benissimo fino al momento del travaglio, alle 19 e 30, e che il medico avesse dovuto rendersi conto che qualcosa stava andando male nella fase espulsiva e che avesse dovuto disporre il cesareo.

Il medico, invece, ha aspettato tre ore e mezzo e quando il bambino è nato, alle 11 e 05, con parto naturale aveva sofferto talmente tanto da riportare conseguenze gravissime. Tanto gravi da far tremare solo a nominarle: encefalopatia epilettica con sindrome di west, tetraparesi spastica, deficit visivo, microcefalia. Una condizione talmente grave da risultare incurabile.

Ma sulle responsabilità non c’è chiarezza. Secondo i periti nominati dalla difesa dei genitori, il medico aveva a disposizione una serie di elementi, a partire dal tracciato segnalava sofferenze per arrivare a una condizione di bregma, ovvero di deformazione della testolina del bimbo, per disporre il cesareo già alle 20 e 40. La difesa, però, obietta che il medico si è comportato come doveva. Ora il caso arriverà in Tribunale dopo che la Procura una prima volta aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta nei confronti del ginecologo. Questo perché il perito nominato dal giudice Francesco Forlenza per l’incidente probatorio, il professor Giovanni Nardelli dell’Università di Padova, aveva concluso che il ginecologo del Santa Chiara aveva seguito le linee guida.

L’avvocato Busana, però, si è opposto e i suoi periti, il dottor Guido Benzi della clinica Mangiagalli di Milano e l’anatomo patologa Antonella Lazzaro hanno saputo sollevare ben 12 questioni che non erano state spiegate dalla perizia. Sulla base di questi mancati chiarimenti, il giudice Forlenza ha ritenuto che la questione debba essere definita nel processo e ha ordinato l’imputazione al pubblico ministero.













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