«Azzardo, educare già alle scuole medie»

Parla Guerreschi, che lotta da vent'anni: finalmente in Italia qualcosa si sta muovendo


Jacopo Tomasi


TRENTO. Lo psicologo Cesare Guerreschi si occupa dei problemi legati al gioco d'azzardo da oltre vent'anni e durante la sua attività ha trattato oltre 2.000 casi. Non ha dubbi nel definire il gioco d'azzardo «una piaga sociale», che negli ultimi anni si è accentuata ulteriormente. Seppur con ritardo, finalmente qualcosa si sta muovendo anche in Italia. «Dopo anni di battaglie - dice con una certa soddisfazione Guerreschi - martedì avrò la prima audizione al Senato per discutere su una legge nazionale sul gioco d'azzardo». Un passo importante, seppur tardivo, fotografia di un fenomeno che non accenna a placarsi. Come dimostrano le 150 persone attualmente in cura nella comunità terapeutica residenziale di Bolzano, dove arrivano giocatori d'azzardo patologici da tutto il mondo per farsi curare. «Negli ultimi 10 anni - spiega ancora Guerreschi, che ha aperto un centro Siipac anche ai Solteri, a Trento - l'età media si è abbassata di molto passando dai 50 ai 36-37 anni. E sono sempre più le donne che ne soffrono». La comunità di Bolzano è un'esperienza unica in Italia, dove vengono accolte persone con patologie legate anche alla dipendenza da sesso, internet e cellulari. Ma al primo posto c'è sempre il gioco d'azzardo.  Professor Guerreschi, questa dipendenza è sempre più diffusa? Assolutamente sì. Il trend è in crescita dappertutto e quindi anche da noi. Nella nostra regione la situazione non è migliore e il fatto che aprano continuamente nuove strutture non aiuta. Non si può vietare il gioco, ma bisogna far sapere che c'è chi può cadere nella dipendenza.  A Trento il Comune ha vietato le slot in alcune zone della città: è utile? Cosa possono fare ancora le istituzioni? A livello legislativo il Comune non può fare altro, perché la partita delle licenze è in mano a Stato e Regione. Certo, si può fare molto per la prevenzione...  Che fa rima con informazione e sensibilizzazione... Esatto. Ma bisogna avere dei progetti di prevenzione precisi. Non si può iniziare nei licei, ma bisogna partire dalle scuole medie perché purtroppo i giovani si avvicinano sempre prima al gioco d'azzardo.  A quale età? In alcune zone d'Italia anche a 10-12 anni. Principalmente giocano con le slot machine, ma spesso lo fanno anche on line. Ed è pericolosissimo perché si chiudono in camera davanti al pc e possono continuare per ore. È un problema che va affrontato seriamente.  Come mai, secondo lei, questo fenomeno è stato così sottovalutato? Perché in Italia il gioco è una consuetudine. Basta pensare alla tombola. Non ci si è accorti, però, delle complicazioni generate dai giochi tecnologici e si è agito in ritardo. Senza dimenticare della quantità di pubblicità, anche sulla televisione di Stato, che fa passare un messaggio devastante.  Quali sono le persone più a rischio dipendenza? Un po' tutti siamo a rischio potenziale. Certo lo è di più chi vive in una famiglia nella quale una persona ha già dipendenze. Oppure persone deboli: casalinghe frustrate, persone che non hanno soddisfazione sul lavoro, studenti che hanno problemi a scuola, chi soffre di depressione o ha problemi sentimentali. Tutti soggetti che cercano di realizzarsi attraverso il gioco.  Possiamo dire che il gioco d'azzardo è come una droga che può generare anche problemi fisici? Assolutamemnte sì, oggi come oggi il gioco d'azzardo è considerato una dipendenza grave, una piaga sociale vera e propria, in tutto il mondo. Solo in Italia non siamo ancora riusciti ad avere un riconoscimento statale. Speriamo che dalle audizioni al Senato e alla Camera dei prossimi giorni esca qualcosa di buono in vista di una legge nazionale.

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