innovazione

Autobrennero, dietro l’angolo c’è la guida autonoma

L'ad Cattoni spiega i progetti di digitalizzazione dell'A22 e dell'Italia: "Noi siamo pronti. La guida autonoma elimina l'errore umano e rende il tragitto più veloce"


Paolo Mantovan


TRENTO. In collegamento dall’America c’era Pat Jones, il numero uno di Ibtta, l’associazione mondiale delle concessionarie a pedaggio, praticamente il capo di tutte le autostrade del mondo, per discutere con Diego Cattoni, presidente di Aiscat (l’associazione dei concessionari autostradali d’Italia) nonché amministratore delegato di A22 e per fare il punto, a livello globale, sulle linee di sviluppo della mobilità: fra digitalizzazione e transizione ecologica. In diretta dall’America, all’alba, per parlare di guida autonoma, di autostrada che “parla” con i veicoli, di intermodalità, del futuro che ci attende a breve. L’occasione è stata l’assemblea di Aiscat, con Cattoni padrone di casa, che si è tenuta nella cornice dell’elegante “Spazio Vittoria” di Roma, con Bruno Vespa moderatore di ospiti come il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini e del viceministro Edoardo Rixi, oltre che del sottosegretario alla presidenza del consiglio Alessandro Morelli. E lì sono arrivate le cifre dell’investimento del prossimo futuro: «Sessanta miliardi in quindici anni. È questa la mole di investimenti che il mondo delle autostrade italiane in concessione è in grado di mettere a terra con un duplice obiettivo: garantire il rilancio economico del Paese e ridisegnare i modelli di mobilità nel segno della digitalizzazione e della transizione ecologica». Sono le parole di Diego Cattoni. Una sorta di programma per dare gambe, anzi ruote, al futuro dell’Italia.

Ma davvero le autostrade riusciranno a darci questo futuro prossimo, un po’ da sogno e un po’ da incubo, con la guida autonoma, i camion che vanno in fila per quattro con un solo autista sul primo mezzo (come un macchinista di un treno di tir), la sede stradale che comunica in diretta col veicolo? Siamo davvero così avanti? «Quando sono arrivato in Aiscat - esordisce Cattoni - c’era una fotografia molto negativa delle autostrade e dei concessionari: era crollato da poco il ponte Morandi. In realtà, invece, le autostrade italiane sono all’avanguardia e, soprattutto, le nostre società concessionarie sono guardate con ammirazione all’estero».

Perché noi italiani siamo sempre un po’ Tafazzi, ci facciamo del male... «Sì, un po’. Noi vediamo spesso solo ciò che non va e invece all’estero riconoscono la nostra straordinaria capacità di innovazione, del passato e anche di oggi. Ma ci stimano anche per la connessione perfetta delle nostre autostrade. Lei ha presente la Francia? Ha presente che ogni venti minuti devi uscire perché c’è un’altra società concessionaria e quindi entri ed esci dai caselli, paghi e prendi un altro biglietto, in continuazione? Qui abbiamo le autostrade connesse, entrano l’una nell’altra. E poi siamo quelli super pratici che hanno inventato il telepass, così come quelli col guizzo estetico che hanno ideato l’autogrill con vista sulle corsie». Sì, ma oggi? «Oggi, o meglio l’altro ieri a Roma, si è collegato con noi Pat Jones da Washington, e ci sono stati gli interventi di Josef Fiala di Asecap (l’associazione europea dei concessionari) e di Bill Halkias dell’International Road Federation di Ginevra. Perché se l’Italia delle autostrade chiama, il mondo risponde».

Oggi però le questioni aperte per le società autostradali sono la manutenzione permanente delle infrastrutture e lo sviluppo della digitalizzazione e della transizione ecologica. Per l’A22 che cosa significa? «Guardi, il problema della manutenzione è mondiale, sia chiaro. Riguarda tutti perché le autostrade sono state costruite con materiali che si riteneva avessero una vita infinita e invece è aumentato a dismisura il numero di veicoli e la tecnologia ha condotto a mezzi molto pesanti. Così lo stress delle strutture ha avuto un’accelerazione costante. Le merci, nel frattempo, continuano a crescere perché l’interconnessione è sempre più forte e quindi occorre investire anche sulla ferrovia, che è strategica per assorbire il traffico. Questo a sua volta porta allo sviluppo dell’intermodalità, ed ecco che diventa fondamentale investire sull’ hub di Verona, perché Verona è l’incrocio del Nord. Come vede tutto si collega. Noi di A22 crediamo nella nostra grande capacità di gestire la manutenzione, perché siamo la società nata per fare l’Autostrada del Brennero, noi abbiamo il know how, sappiamo progettare, realizzare e poi fare manutenzione».

Che cosa porterà l’accelerazione sulla digitalizzazione? «La guida autonoma. C’è l’infrastruttura che attraverso sensori e un software sofisticato comunica con i mezzi in transito e diventa una guida sicura perché vede tutta la rete autostradale, vede tutto quello che avviene sul percorso, modera la velocità dei veicoli se aumentano i mezzi in circolazione».

Ma andremo davvero verso la guida autonoma? Cattoni non ha dubbi: «Ha dei vantaggi straordinari. Per prima cosa toglie completamente gli incidenti, perché elimina l’errore umano. E si ricordi che ogni anno sulle strade, adesso, ci sono tremila morti. In secondo luogo rende il tragitto più veloce: il sistema infatti è più performante. E poi diventa anche un sistema più efficiente, che rende tutto molto più ordinato». Sì, ordinato come nel mondo dei robot... «Vede, adesso in auto decidiamo noi a che velocità andare e questo crea un po’ di anarchia. L’attuale sistema è definito analogico. Con la guida autonoma andremo sul digitale e avremo risultati migliori sotto tutti i punti di vista: saranno ottimizzati i tempi di percorrenza, verranno evitati gli ingorghi».

Però tutto il sistema dovrà essere prediposto per consentire la guida autonoma, non è una cosa che funziona a pezzi. «Noi stiamo facendo la nostra parte: abbiamo predisposto tutti i 314 chilometri del nostro percorso autostradale con la tecnologia del truck platooning, quella che permette agli autoarticolati di viaggiare in carovana, uno dietro l’altro, con un solo camionista alla guida sul primo mezzo». A che punto siamo? «Molto avanti. Abbiamo già sperimentato più viaggi su tutto il percorso Brennero-Modena. Ovviamente servono delle norme però: perché la legge ora prevede che ci siano delle mani sul volante».

Poi c’è la guida autonoma per le auto. «Per quello stiamo lavorando al progetto Highway Chauffeur». A che punto siete? «Molto avanzato. Ne riparleremo presto». E poi c’è la transizione ecologica. «Sull’idrogeno siamo dei pionieri e presto attiveremo altre cinque stazioni di rifornimento per l’idrogeno lungo la A22, sia sulla corsia sud che sulla nord. E aumenteremo le colonnine di ricarica per le batterie». Un impegno a tutto campo per A22. «Nel nostro piano per il rinnovo della concessione prevediamo 7,2 miliardi di investimento. Se vale il concetto moltiplicatore del Pil secondo il quale ciò che investo si traduce in un aumento di quattro volte tanto, significa che l’impatto sarà di 28 miliardi sul Pil. In gran parte regionale. Questo dà sviluppo non solo alle infrastrutture, ma a tutta l’economia. Non crede?».

 













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