Attacco incendiario, le micce erano accese 

Non un gesto dimostrativo ma un attentato fallito, forse a causa del freddo. Indagini sulle registrazioni delle telecamere



TRENTO. La miccia era stata accesa ma l’innesco non ha fatto “il suo dovere”: si è spento, forse a causa del freddo o del vento, prima che potesse incendiare il liquido infiammabile contenuto nelle bottiglie. Quello tentato sabato notte nel piazzale del cantiere comunale, accanto al comando della polizia locale di via Maccani, non sarebbe stato dunque un gesto dimostrativo, bensì un tentativo effettivo di appiccare il fuoco. Un tentativo fallito, ma sulla cui volontà di colpire non sembrerebbero esserci dubbi, secondo gli investigatori del Reparto operativo provinciale e del Norm della Compagnia di Trento dei carabinieri, che procedono con l’appoggio della Digos di Trento.

Sulla base degli elementi raccolti, la pm Licia Scagliarini ha aperto un fascicolo contro ignoti per tentato incendio. Sulla matrice, i sospetti si concentrano sul nucleo anarchico roveretano, anche se il modus operandi differisce rispetto all’attentato incendiario compiuto un anno fa (era l’8 novembre 2016) alle Poste, nel piazzale della direzione provinciale in via Trener, quando un rogo doloso distrusse nove Panda. In quella circostanza, infatti, chi agì ruppe i vetri delle auto e ci gettò dentro dei contenitori di liquido infiammabile.

Per il momento non ci sono rivendicazioni, anche se potrebbero arrivarne oggi o nei prossimi giorni. A far orientare le indagini verso il mondo anarchico sono i numerosi precedenti attentati incendiari, oltre che ai danni delle Poste anche dei tralicci della telefonia e della Rai, spesso nella zona della Vallagarina e dintorni. Anche allora i componenti degli ordigni incendiari sarebbero stati analoghi. L’immagine che pubblichiamo su questa pagina mostra bene come fossero strutturati: una bottiglia di plastica, in questo caso da un litro e mezzo, con appiccicato uno zampirone utilizzato come miccia (per la lentezza nella consunzione) e collegato ad una sorta di pacchetto costituito da alcuni fiammiferi attaccati a dei cubetti di diavolina. Apparecchi rudimentali, il confezionamento dei quali si può apprendere anche su internet. Non si tratta - precisano gli investigatori - di “molotov” perché le bottiglie rinvenute nella rimessa di via Maccani avevano un potenziale non esplodente ma incendiario. Quanto basta però per fare danni anche ingenti, utilizzando pochi “ingredienti” di facile reperimento. Certo, l’efficacia degli ordigni non è garantita, come dimostra il fallimento dell’attentato ai danni dei nove veicoli comunali. Si tratta di auto impiegate per anni dalla polizia municipale e destinate ad essere rottamate, non di mezzi nuovi di zecca come quelli delle Poste andati completamente distrutti un anno fa.

Ma perché colpire la polizia locale? Non si esclude che possa esserci un collegamento, seppure piuttosto flebile, con l’intervento compiuto dai vigili (assieme ai poliziotti delle Volanti) il 21 ottobre scorso per fermare l’attacco anarchico (ce n’era stato anche uno di alcuni membri di un centro sociale) allo stand di Forza Nuova. Ma più in generale, gli agenti della polizia locale fanno parte anch’essi del contingente messo in campo in città per vigilare sulla sicurezza e sull’ordine pubblico, il che ne fa dei potenziali obiettivi degli “antagonisti”.

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













Scuola & Ricerca

In primo piano