Archeologo della memoria per illuminare il presente

Carmine Abate, candidato al Campiello, protagonista domani alle Terme di Comano


di Emanuela Rossini


di Emanuela Rossini

Un nuovo romanzo, «La collina del vento». Riconoscimenti importanti e l’ingresso in pole position nella cinquina di autori in lizza per il PremioCampiello. A Carmine Abate, lo scrittore calabrese di casa in Trentino, la soddisfazione non deve mancare. Si capirà domani

Quanta verità storica c'è in questo suo nuovo romanzo?

Da un punto di vista storico, è vero sia l'arrivo in Calabria dell'archeologo trentino Paolo Orsi, alla vigilia della prima guerra mondiale, sia la ricostruzione della Grande Storia che si incrocia con la saga familiare degli Arcuri, condizionandola e sconvolgendola.

Che cosa andava a cercare Paolo Orsi in Calabria?

Paolo Orsi arriva in Calabria per scoprire i segreti dell'antica città di Krimisa, una città di cui si conosceva l’esistenza ma non l’esatta ubicazione. Arriva nel cuore della Magna Grecia, vicino al paese dove sono nato io, e fa una perlustrazione sulle colline che si affacciano sul mar Ionio per cercare tracce dell'antico tempio di Apollo Aleo e della mitica città. La storia del mio romanzo comincia proprio dall’arrivo di Paolo Orsi sul Rossarco – la collina del titolo – dove incontra il proprietario della collina, della famiglia Arcuri. Grazie a questo incontro comincia un percorso di scavi, reali e simbolici, che porterà a scoprire i misteri celati sotto la collina, ma anche i segreti sanguinosi in superficie. Vorrei ricordare che Paolo Orsi tornerà poi altre volte sulla collina e sarà lui a portare alla luce i resti del Tempio di Apollo Aleo.

Qual è l'arco temporale del romanzo?

Le vicende attraversano tutto il Novecento - dalla Grande guerra al fascismo, dal secondo conflitto mondiale alla Liberazione e al periodo di ricostruzione - per arrivare ai nostri giorni. Cento anni di Storia intrecciati con la saga degli Arcuri, durante i quali questa famiglia difende la collina, resistendo ai soprusi del latifondista locale, della 'ndrangheta che vuole costruire sul lato più bello della collina un villaggio turistico, fino ai cosiddetti “Signori del Vento” che vorrebbero impiantarvi delle pale eoliche.

Chi è l'io narratore nel romanzo?

A ricostruire la storia è il più giovane degli Arcuri, che vive in Trentino e che, in seguito a una promessa fatta al padre, ricostruisce, strato dopo strato, la storia della propria famiglia intrecciata a quella della collina e ai suoi segreti inconfessabili. Non è un archeologo ma un professore.

Scrivere non è un po' come scavare nella memoria? Lei si sente un po' un archeologo?

Sì, forse il lavoro dell'archeologo un po' l'ho imitato. Si scrive un romanzo per scavare e recuperare questa memoria necessaria che riguarda tutti. Una memoria che io vedo come una grande luce che illumina il nostro presente. Il mio personaggio è anche un sorta di detective. Il romanzo parte infatti come un giallo. Due giovani sono uccisi sulla collina e su questo si innesta il lavoro di Paolo Orsi.

Lei che ricerche ha fatto per scrivere questa storia?

Ho avuto la possibilità di leggere molti Studi su e di Paolo Orsi nella biblioteca Tartarotti di Rovereto, anche manoscritti inediti, cartoline postali, libri rari con disegni e fotografie che mi hanno fatto entrare nello sguardo del personaggio. Inoltre ho avuto la fortuna di parlare con una professoressa siciliana, che mi ha fornito notizie di prima mano, dato che il padre aveva lavorato con Orsi.

Esperienze dirette e concretezza Le sono necessari per scrivere?

Sono fondamentali. Per questo romanzo tutto è partito da un luogo concreto, che ho accarezzato con lo sguardo per anni: la collina del vento, tra lo Ionio e il mio paese d'origine. Un luogo che mi affascina per l’alone misterioso che emana. Ma forse questa storia non sarebbe mai nata se non mi fossi imbattuto in Paolo Orsi - andando a insegnare nella scuola media a lui intitolata nella mia prima supplenza in Trentino – e non avessi scoperto che il grande archeologo aveva scavato a 5 km in linea d’aria dal mio paese di origine e che tra i suoi operai c'erano tanti “albanesi” come lui li chiamava, forse miei compaesani o addirittura parenti. Insomma, questa storia è sempre stata lì ad aspettarmi ed è maturata negli anni. Le storie sono come dei frutti succosi e saporiti, che vanno colti quando sono maturi al punto giusto.

Lei parla spesso di sguardo. Qual è lo sguardo con cui ha guardato a queste vicende?

Io questa storia la racconto con lo 'sguardo di mezzo' che ho acquisito vivendo in Trentino, lo stesso sguardo di Paolo Orsi e di un altro grande personaggio storico del mio romanzo, il celebre piemontese Umberto Zanotti-Bianco, grande amico di Orsi: uno sguardo che mi ha affascina perché è capace di guardare un luogo senza pregiudizi e ti permette di coglierne la complessità, e dunque non solo i lati oscuri o negativi, ma anche quelli luminosi, positivi.

Quanto la vita ha segnato la sua scrittura?

Sono uno scrittore che non sta in una torre d'avorio. Scrivo partendo dalla vita vissuta, mia e della gente che mi circonda. C’è sempre un’urgenza, una necessità in quello che scrivo, un tentativo di cogliere le crepe, il non detto, anche ciò che sarebbe potuto accadere durante il terremoto della vita.

Come’è riuscito a incrociare così tante storie in un solo romanzo?

Quando scrivo ho bisogno di far venire a galla tutte le storie che ho dentro. Non me le tengo per un altro romanzo o un racconto. Oltre infatti alla saga della famiglia Arcuri in questo romanzo ci sono le storie di molte donne, come per esempio quella della Torinèsia (pensate, negli anni Cinquanta, una donna-archeologa che arriva al paese in pantaloni e guida una Vespa!), poi c'è Ninabella, donna ribelle della famiglia Arcuri che aspira a diventare pittrice e che si innamora di un pilota inglese che cadrà con l'aereo sulla collina.

In ogni suo romanzo c'è sempre l'incontro con una persona di mondi diversi?

Il nord e il sud si incontrano sempre nella mia scrittura e i suoi protagonisti – come Paolo Orsi, come l’io narrante che vive in Trentino - diventano dei ponti solidi, indispensabili per l’Italia di oggi.

Carmine Abate inaugurerà giovedì 26 la rassegna di incontri «Trentino d’Autore», che da anni porta a Comano Terme il meglio della letteratura italiana ed internazionale con la possibilità per il pubblico di entrare dentro il mondo narrativo con un rapporto diretto che esplora oltre alle tecniche anche e soprattutto l’anima e le fonti di ispirazione. Gli incontri, con inizio alle 17, sono condotti dal direttore del nostro giornale Alberto Faustini e nelle passate edizioni hanno sempre raccolto consenso.













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