Aperta un’indagine sui fumi tossici della Fondazione Mach

Il Noe dei carabinieri ha acquisito la documentazione del Ctu che aveva accertato le criticità dell’impianto a biomassa


di Luca Pianesi


TRENTO. Il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Trento aprirà un'indagine sulla Fondazione Mach e sul suo impianto di teleriscaldamento. Dopo le inchieste condotte dal Trentino nelle scorse settimane, e in particolare a seguito dell’articolo apparso il 15 maggio intitolato “Il perito: «Fumi tossici dalla caldaia di San Michele»”, i carabinieri del Neo hanno acquisito la Consulenza tecnica d’ufficio in possesso del nostro giornale ed hanno avviato le indagini per verificare se ci sono state delle omissioni, manomissioni o occultamenti del fatto che questa caldaia fosse, come ha stabilito il perito nominato dal Tribunale di Trento «strutturalmente non in grado di produrre calore emettendo fumi con valori di monossido di carbonio costantemente entro i limiti di legge». La Fondazione Mach, infatti, dopo la rottura di un camino del suo impianto di teleriscaldamento, avvenuta il 4 gennaio 2012, ha bloccato la struttura e chiesto al Tribunale di Trento di accertare le cause di un tale incidente. Il risultato dell’accertamento compiuto dal perito (Ctu) è stato impietoso: la caldaia costruita tra il 2007 e il 2009 da Guerrato spa, per tramite delle subappaltanti Tiba Muller e Schmid Italia srl (quest’ultima subentrata dopo il fallimento di Muller avvenuto prima della conclusione dei lavori), è incapace di produrre l’energia necessaria a fornire il riscaldamento della Fondazione Mach (dovrebbe erogare una potenza di 3,5 MW e invece non può andare oltre i 2 Mw); inoltre i filtri montati non sono in grado di funzionare per periodi prolungati, le pareti dei camini sono troppo sottili e quindi deboli, non c’è un sistema di allarme e di arresto automatico della caldaia al raggiungimento di valori di depressione eccessivi; ma soprattutto, si legge nel Ctu, «durante l’intero corso delle prove di funzionamento a caldo i valori di CO rilevati non sono quasi mai scesi sotto la soglia massima prevista dalla normativa vigente (300 mg/mc). In tre campionamenti eseguiti a novembre 2011 dall’Azienda Provinciale per la protezione dell’ambiente (Appa) si erano rilevati valori di monossido di carbonio di tre volte superiori ai limiti di legge 1131, 1201, 2507 mg/mc. E Trentina Calore, l’aziende che oggi dovrebbe gestire la struttura vincitrice dell’appalto nel 2011, alla richiesta di ricondurre l’impianto entro i corretti limiti di emissioni inquinanti «comunicava alla Fondazione Mach che l’impianto a biomassa non era in grado di funzionare correttamente». E della faccenda s’è interessata anche l’Associazione Italiana per l’energia del legno, di Padova. Il tecnico forestale Aiel, Massimo Negrin, sottolinea: «E’ importante andare a segnalare questi casi di malfunzionamento che rovinano la reputazione a un settore, quello del teleriscaldamento e degli impianti a biomassa, che ha tanti esempi positivi, molti proprio in Trentino. Quello della Mach - conclude - è un impianto mal strutturato che utilizzava cipato per la combustione, di qualità scadente».

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