Andreatta, spunta l’ipotesi «rimpastone»

La «exit strategy» dalla crisi: chiedere un passo indietro a Maule, Ferrari e Gilmozzi avocando a sè l’urbanistica


di Luca Marognoli


TRENTO. Domani inizia la lunga estate calda di Alessandro Andreatta. Il vertice di maggioranza in programma alle 20.30 a Palazzo Thun segna un passaggio decisivo in questa legislatura tormentata. Le forze politiche di governo, Pd, Cantiere civico-Upt, Patt, Verdi e Socialisti, si presenteranno al tavolo con i rispettivi capigruppo e segretari cittadini. Primo obiettivo: capire se ci siano i presupposti per trovare un'intesa che permetta di rilanciare l'azione di governo, dopo i ripetuti scivoloni in aula, l'ultimo dei quali causato dai franchi tiratori che hanno affossato per la seconda volta la delibera sulla riorganizzazione del personale. Secondo: trovare nuovi assetti di giunta in grado di garantire stabilità impedendo nuove fibrillazioni e rischi di imboscate ad ogni convocazione del consiglio. Sarà una lunga estate quella di Andreatta, perché sebbene sia probabile che nella sala della natività – dove avverrà il vertice – risuoni la parola rimpasto, di cui si discute ormai da mesi, è difficile che si esca subito con una soluzione condivisa. Più probabile che si apra una fase di negoziazione che porti a settembre ad una revisione della squadra di governo.

Chi fin dall'inizio ha chiesto di cambiare rotta è il Cantiere, all'interno del quale le tensioni sono state così forti da portare ad una scissione, con Panetta e Castelli che si sono schierati con l'Upt rendendosi protagonisti, a livello provinciale, della brusca virata interna che ha determinato il disarcionamento di Dellai. A pagare il prezzo di una notte dei lunghi coltelli che non sembra più avere fine, sembra sia destinata Chiara Maule, l’assessora ai beni comuni e alle smart-city ripescata tra i non eletti da Andreatta, con una manovra che dimostrò la grande fiducia nella persona ma che da molti fu giudicata come il seme della discordia all’origine delle forti lacerazioni interne alla coalizione. Pronti a contendersi il suo posto Salvatore Panetta, il più votato del partito rimasto tuttavia a bocca asciutta, e Paolo Castelli, l’ex assessore allo sport anche lui amareggiato dall’esclusione. Difficile infatti pensare che sia costretto a un passo indietro il vicesindaco Paolo Biasioli, o per lo meno a uno tale da farlo tornare tra i banchi del consiglio. Più probabile che ci sia un rimescolamento di deleghe, con Andreatta che potrebbe tatticamente avocare a sè l’urbanistica. Se si verificasse questo scenario, tuttavia, il sindaco apparirebbe agli occhi di tutti come colui che si è piegato al ricatto dell’Upt e ha tradito il disegno che si era prefisso.

A Palazzo Thun in molti ritengono più facile che Andreatta, invece che un rimpastino, abbia in mente un “rimpastone”, facendo contenti tutti e salvando la sua dignità politica. Il sindaco potrebbe chiedere di farsi da parte anche alla seconda giovane donna della giunta, l’assessora all’ambiente e ai progetti europei Marika Ferrari, mettendo al suo posto una giovane tecnica di area autonomista. Potrebbe inoltre tacitare le ambizioni dei due consiglieri più inquieti del Patt, Tiziano Uez e Dario Maestranzi, affidando a uno di essi una delega consiliare.

E il Pd? Inutile negare i conflitti intestini che lacerano da mesi anche il partito del sindaco. Una soluzione potrebbero essere le dimissioni di Italo Gilmozzi, divenuto segretario del partito. A subentrargli potrebbe essere uno dei consiglieri dell’ala scalfiana, con in pole position Alberto Salizzoni e Corrado Bungaro.













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