«Andreatta, sì al secondo mandato»

La segretaria Pd Giulia Robol: «Vale anche per Miorandi e Mosaner. Ma le priorità vanno riviste, è cambiato il mondo»


di Chiara Bert


TRENTO. «I sindaci al primo mandato non si toccano, e questo per il Pd vale per Trento, Rovereto, Riva e tutti i Comuni, a meno che non sia il sindaco stesso a non essere disponibile». La segretaria provinciale del Pd Giulia Robol mette un punto al dibattito di questi giorni sulla ricandidatura 2015 del sindaco di Trento Alessandro Andreatta. Consapevole che i mal di pancia covano non solo tra gli alleati, Upt in primis, ma anche nel suo stesso partito.

Robol, allora perché il giorno dopo le Europee non ha voluto esprimersi sulla ricandidatura di Andreatta?

Non l’ho fatto perché non volevo che passasse un automatismo tra il risultato stratosferico del Pd alle Europee, legato in gran parte a Renzi, e il ragionamento sulle candidature alle comunali del 2015. Non era un’equazione pertinente, ma io confermo quello che avevo già avuto modo di dire, ovvero che il Pd rivendica con forza il proprio peso nella coalizione e che i sindaci al primo mandato non si toccano. E questo non riguarda solo Trento ma anche i sindaci di Rovereto, Riva e degli altri Comuni che hanno amministrato con numeri alti. Con i segretari di Upt e Patt, Conzatti e Panizza, abbiamo poi già chiarito che non si parla di primarie.

Il suo è un messaggio a chi, dentro il Pd, ha fatto capire che nulla è scontato? Scalfi ha detto che non si accontenta di andare sul sicuro, vorrebbe una scelta convinta.

Prendo l’intervista di Vanni Scalfi non come una sfiducia a Andreatta, ma come una spinta a rilanciare il programma della coalizione. Perché dal 2010 è cambiato il mondo e onestamente anche il Comune di Trento ha bisogno di ripensare le priorità e riflettere sui progetti che non sono stati realizzati. Sono convinta che non sarà il Pd a mettere in discussione la propria forza.

Dagli alleati sono arrivati però molti dubbi più che attestati di conferma.

Sono fibrillazioni muscolari legittime, dove ognuno cerca di marcare il territorio, ma a un anno dalle elezioni rischiano di stancare gli elettori. Io dico che è importante avere idee idee chiare e obiettivi politici.

Parliamo di questo rilancio, allora. Lei cosa intende?

Sono consapevole che a Trento per molti progetti dove si ferma la Provincia si ferma anche il Comune. Ma quello che mi sento di consigliare è una politica del doppio passo. Non è più il tempo di progetto faraonici ma di piccole azioni quotidiane più a portata di bilanci più magri. A Rovereto abbiamo lavorato molto in questi termini.

Ci fa un esempio?

Dove non potevamo più realizzare un parcheggio di attestamento al Follone, abbiamo demolito i capannoni che c’erano e l’abbiamo realizzato di superficie. Si comincia con le risorse che ci sono, senza rinunciare a una visione di prospettiva. E poi credo che bisogna sempre di più dare impulso alla partnership pubblico: a Rovereto si è fatto per la stazione delle autocorriere, il parcheggio dell’ospedale, l’area ludico sportiva alle foci del Leno. La Provincia anche recentemente ha insistito su questa strada, penso valga a maggior ragione per Trento.

Parliamo di mobilità. Donatella Conzatti ha obiettato che ci siano politiche troppo sbilanciate su ciclabili e Ztl, mentre la priorità dovrebbe essere oggi il sostegno al commercio.

Io sono convinta che il commercio dei centri storici si sviluppa dove le aree sono belle e la gente può camminare. C’è un tema della mobilità sostenibile interna alle città e c’è un cicloturismo in espansione che possiamo intercettare. Chi non lo considera ha una visione miope.

Maestri e Conzatti si sono scontrate sulla politica culturale e museale. Lei che giudizio dà?

Anche Renzi ci ha ricordato che fare cultura vuol dire anche generare risorse e lavoro e che non bisogna aver paura di coinvolgere i privati. Ciò detto, io penso che la vera strategia per il nostro territorio, e i nostri due musei Muse e Mart, è un progetto di marketing comune Trento-Rovereto, che riguardi anche la mobilità e coinvolga anche realtà più piccole dell’asta dell’Adige. Dobbiamo venderli insieme e su questo serve più coraggio, anche a livello provinciale.

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