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Andreatta: pronto alle dimissioni se la maggioranza non c’è

Trento, alta tensione in Comune. Il sindaco valuta tutte le opzioni, compreso un rimpasto. Prima però cercherà di salvare la partita: «Sì a maggiore dialogo, ma basta incubo franchi tiratori»


di Luca Marognoli


TRENTO. Dopo il terremoto politico scatenato dalla delibera sul personale, in cui è stato impallinato da 6 franchi tiratori, Alessandro Andreatta non esclude l’ipotesi delle dimissioni. In un clima di tensione salita a livelli altissimi, il sindaco ne ha parlato con alcuni esponenti della maggioranza il giorno dopo lo scivolone in consiglio: se la situazione resterà quella che è ora, con il rischio concreto di essere messo sotto ad ogni delibera che vada al voto, non si può andare avanti.

Questo il concetto espresso dal primo cittadino, molto amareggiato dalla situazione venutasi a creare tra i banchi della maggioranza di Palazzo Thun. Uno sfogo? Forse. Uno strumento di pressione da far valere nei confronti degli alleati nella verifica di maggioranza prevista per mercoledì? Non si può escludere.

Ma al sindaco Andreatta, pur al centro di un tiro al bersaglio incrociato tra i cecchini della minoranza e il “fuoco amico”, non manca la lucidità per essere realista. Tanto più ora che è al secondo mandato e che ha una autonomia maggiore non dovendosi rimettere al giudizio degli elettori e ai vincoli dei partiti. Una libertà che Andreatta ha subito sfruttato, quasi ostentato, all’indomani delle elezioni, quando a sorpresa varò una giunta decisamente atipica, ripescando Chiara Maule e Marika Ferrari come assessore, pur non essendo risultate elette.

Voleva dare un segnale di cambiamento, di fiducia nei giovani e nelle donne e così ha fatto. Sapendo di andare incontro a malumori tra i partiti della coalizione, ma non attendendosi forse che fossero così violenti e radicati. Un peccato originale che oggi, a sei mesi dalle elezioni, nessuno tra i suoi detrattori ha voluto rimettergli. Panetta, Castelli e Ducati nel Cantiere civico se la sono legata al dito. Nel Patt, che pure ha avuto due assessorati, vi sono malumori meno gravi, legati - sembra - alla richiesta di una delega consiliare che sarebbe servita a placare Uez (anche lui assessore mancato) ma che non è mai arrivata. Ma i mal di pancia affliggono anche il capogruppo Pattini e Maestranzi, che insistono per un maggior coinvolgimento nelle scelte dell’amministrazione.

Nell’incontro tra i capigruppo di maggioranza seguito alla bocciatura della delibera di mercoledì, Andreatta ha preso atto di questa richiesta, proveniente sia dalle Stelle alpine che dal Cantiere. Ma ha criticato duramente il ricorso al voto segreto come modo per esprimere il disagio della maggioranza. E soprattutto ai “suoi” (per modo di dire) il sindaco ha rivolto un invito alla lealtà e ai franchi tiratori ad abbassare le armi.

Sullo sfondo c’è anche la delicatissima partita del Not e il braccio di ferro tra Ugo Rossi da una parte e la coppia Andreatta - Biasioli, contrari allo spostamento a Mattarello, dall’altra. Una prova di forza che secondo alcuni si rifletterebbe sulla condotta delle Stelle alpine in aula.

I prossimi giorni serviranno a capire se le molte fratture nella maggioranza si potranno ricomporre: lunedì Andreatta incontrerà i consiglieri del Pd per fare il punto, in attesa di mercoledì, quando dovrà vedersela con i capigruppo della squadra di governo e i segretari cittadini dei partiti che lo hanno sostenuto (Pd, Socialisti, Cantiere, Patt, Verdi e Idv).

Lì si capirà se la pace - o quantomeno un accordo di non belligeranza - sia fattibile. Ma anche i prossimi passaggi in aula saranno decisivi: tra dieci giorni si voterà la variazione di bilancio decisiva sulle opere pubbliche “liberate” dallo sblocco del patto di stabilità. Ma lì la posta sarebbe molto alta: se dovessero far mancare i loro voti, Patt e Cantiere si prenderebbero la responsabilità di far perdere alla città 15 milioni di euro.

Se le trattative avranno esito negativo, il sindaco Andreatta sa bene di avere di fronte a sé due sole opzioni: un rimpasto, scenario ritenuto poco probabile, o un suo passo indietro. Che però ne farebbe fare molti alla città e alle forze che l’hanno spinto a compierlo.













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