Non solo Grande guerra nel museo al castello 

Una realtà che si evolve. Con i nuovi allestimenti trovano posto non soltanto preziosi cimeli del primo conflitto mondiale ma anche ceramiche napoleoniche e pure il busto di Garibaldi


Anna Maria Eccli


Rovereto. Dalle ceramiche napoleoniche al busto di Giuseppe Garibaldi alto poco meno d’una spanna e rinchiuso in un improbabile altarino sormontato da patriottiche bandiere; dal piatto col ritratto del tenente colonnello Giuseppe Galliano, strenuo difensore del forte di Macallè che in patria non farà più ritorno, a quello con l’effige di papa Leone III, passando per il piatto commemorativo della Comune di Parigi o la tazza della Casa del popolo… Si apre con una selezione delle ceramiche storiche donate nel 2008 da Anna e Romain Rainero, la visita al Museo Storico della Guerra. Sale dedicate a una sorta di curioso sussidiario per umili genti che, attraverso piatti e tazzine, si alfabetizzavano circa le imprese militari, le conquiste coloniali, gli eroi del momento. In Italia la tradizione delle suppellettili commemorative entra nel vivo durante il Risorgimento, sull’esempio di quanto già avveniva in Francia, ma entrerà in crisi dopo la Grande Guerra, quando le esigenze propagandistiche potevano contare su mezzi di comunicazione molto più veloci ed incisivi. Bella ed elegante la soluzione ideata per moltiplicare gli spazi espositivi di reperti che, comunque, rappresentano una piccolissima parte di quanto depositato nei magazzini del Museo: una serie di cassettini da aprire, sottostanti le teche principali.

L’aereo raro e prezioso

Segue la sala dedicata a Marina ed Aeronautica con esposto il Nieuport-Macchi Ni.10, uno dei più antichi aerei esistenti in Italia, costruito nel 1918. Un biposto che l’esercito italiano adottò inizialmente come aereo da caccia, ma che venne quasi subito impiegato per l’osservazione e per l’addestramento dei piloti da caccia di Busto Arsizio. A Rovereto è capitato per quelle stranezze che la vita talvolta gioca: acquistato nel 1922 da un personaggio originale, Emilio Strafelini, socialista, antifascista e anarchico, rimase danneggiato durante l’atterraggio, tanto che Strafelini decise di donarlo al Museo della Guerra. Restaurato e riparato con parti originali, è stato riesumato dal magazzino in cui soggiornava da anni. Ma le chicche da riscoprire nel nuovo allestimento sono tante, come la macchina fotografica impiegata per immortalare l’impresa dannunziana del Volo su Vienna, o la bicicletta da bersagliere a ruote piene (a prova di foratura) e

piegabile in due, pronta per essere issata in spalla, o il baule da viaggio per ufficiali della Grande Guerra. Tra elmetti e maschere a gas ci si inoltra persino lungo un corridoio che mima il percorso di trincea.

Al secondo piano una serie di uniformi provenienti dagli eserciti di tutt’Europa (tra cui quella del generale Luigi Cadorna, corredata da un mare di onorificenze, in prestito a Rovereto, come ci spiega Renato Trinco - grazie a una convenzione stipulata con il Museo di Verbania, città che diede i natali al generale nel 1850) e la sala affrescata dedicata ai profughi trentini. Uno sguardo panoramico dal torrione Coltrino fa girare la testa, poco prima di accedere all’antica cappella del castello che oggi ospita materiale sanitario, con la “tenda per i raggi”. Elmi e uniformi provenienti da donazioni, tra cui quella imponente del piemontese Alberto Turinetti di Priero, pilotano il visitatore attraverso i capitoli più cruenti della storia. Originale anche l’esposizione di tute mimetiche che, da fine ‘800 fino ai tempi nostri, tracciano la storia del mimetismo militare.

Una visita al Museo che è anche occasione imperdibile per ritrovare il fascino d’un castello dal restauro fenomenale, curatissimo, con caditoie interne che permettono visioni altrimenti impossibili della doppia cinta muraria (castrobarcense e veneziana) e dai cui torrioni si può godere d’una vista sulla città privilegiata, da capogiro, appunto. Non più luogo meramente espositivo (si calcola che in visione ci sia circa il 2 per cento del materiale posseduto), il più grande museo sulla Grande Guerra è diventato ormai luogo di narrazione che, esaminando, interpella.













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