«Le guerre sono cambiate ma le notizie non passano» 

Affollato confronto alla chiesa di Sant’Osvaldo tra i giornalisti Crocco e Schiavulli Sono 34 i conflitti attivi. «Per fermarli, è indispensabile una giusta informazione»


di Filippo Schwachtje


ROVERETO. Grande successo giovedì sera, nonostante il temporale che si è abbattuto su Rovereto, ad “Informare per battere l'indifferenza”. In via Santa Maria, infatti, la chiesa di Sant'Osvaldo era gremita di persone, arrivate per ascoltare la discussione intavolata da Alberto Faustini, direttore dei quotidiani Trentino ed Alto Adige, Raffaele Crocco, giornalista Rai ed ideatore dell'“Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo” e Barbara Schiavulli, corrispondente di guerra di Radio Bullets. “Come raccontare il dramma della guerra” il tema della serata, in cui si è cercato di delineare il legame tra l'informazione ed i conflitti, anche nell'ottica della creazione di sistemi di pace. «Quelle che Crocco e Schiavulli raccontano – ha esordito Faustini, moderatore della serata – non sono le guerre a cui ci hanno abituato le lezioni di storia a scuola». Seguendo dei binari paralleli, infatti, Crocco e Schiavulli hanno riportato, rispettivamente, una lucida, quanto tragica, analisi delle varie tipologie di conflitti, da cosa scaturiscano e quali siano le problematiche che seguono la fine delle ostilità, ed una diretta testimonianza dell'esperienza sul campo nelle zone più “calde” del pianeta, tra imboscate, attentati e colpi di stato. «Serviranno sempre altri occhi per vedere altre guerre – ha spiegato Crocco, parlando dell'idea alla base dell'”Atlante”, la cui ottava edizione è stata presentata proprio durante la serata – perché le guerre sono in continua evoluzione. Oggi nel mondo sono 34 i conflitti attivi, eppure mai come oggi siamo consci di avere gli strumenti per fermare le guerre, strumenti che necessariamente passano attraverso una giusta informazione. Noi è questo che cerchiamo di fare con l'Atlante, raccontare la guerra nella maniera che ci sembra più giusta. La nostra è un'informazione di parte: noi stiamo dalla parte delle vittime e contro le guerre, tutte le guerre». «Se uno entra nelle storie delle persone – ha detto invece Schiavulli riguardo alla nascita di Radio Bullets – si accorge che in profondità siamo tutti uguali, cerchiamo tutti le stesse cose: una vita tranquilla, una famiglia, un lavoro. Il problema è che quando certe notizie non arrivano al pubblico, come sempre più spesso succede tra l'altro, il pubblico non riesce a riconoscersi nelle storie di vita delle persone che vivono a stretto contatto con la tragedia della guerra. È con questa convinzione che Radio Bullets è nata. Inizialmente mi sono mobilitata sui social: pubblicavo le notizie, una trentina al giorno, che non avevano avuto risalto sulla stampa internazionale. Poi piano piano altri colleghi si sono interessati al progetto ed oggi siamo circa una ventina da tutto il mondo. Quando la gente sa che esiste un'idea, ed in quell'idea ci trova passione, dedizione ed entusiasmo, alla fine se ne raccolgono i frutti, ed è quello che sta succedendo con Radio Bullets».

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