ROVERETO

In via Abetone è sorto il palazzo in legno più alto d’Italia 

Nove piani fuori terra. Un cubo cresciuto a incredibile velocità e di cui ora si colgono le dimensioni. Perplessità tra i residenti per l’altezza, ma già ora si intuisce anche la vastità dello spazio verde che la dovrebbe bilanciare


Luca Marsilli


ROVERETO. Se uno ha un’oretta da perdere, riesce a vederli crescere. Ed è quasi impressionante. I due edifici elemento qualificante dell’intervento sulla parte sud di via Abetone, sull’area in gran parte occupata per decenni dalla Marangoni Meccanica e poi dal suo rudere, sono praticamente terminati, almeno per la parte strutturale.

Due incredibili prismi in legno semplicemente mai visti in Italia: sono i più alti realizzati nel nostro Paese usando il legno come materiale. Nove piani il più alto, sei l’altro. In città c’è già chi inizia a parlare di “ecomostri” ma si fa oggettivamente fatica a capire il ragionamento. Alle spalle hanno una fila di edifici di 5 piani, non villette. Davanti il fronte tutt’altro che qualificante della statale. La stessa cubatura realizzata in edifici meno alti si sarebbe mangiata praticamente tutta l’area disponibile, mentre già oggi, vedendo le ruspe che spostano terra sul lato sud ad iniziare a costruire la collina artificiale che “nasconderà” gli edifici commerciali inglobandoli, si inizia ad intuire la vastità dello spazio verde che verrà.

Parco pubblico, non giardini privati. In un rovesciamento di prospettive rispetto alla residenzialità cui 50 anni ci hanno abituati che è assieme esperimento urbanistico e sociale e che non può almeno non incuriosire. Fermadosi un po’ a guardare il cantiere (e vedere partire da terra pezzi di parete prefabbricata da 3 metri per 10 ed andare al loro posto 25 metri più in alto, come in un gigantesco Meccano) i residenti di via Bellavista Seconda non mancano di far pervenire tutte le loro perplessità. Troppo grandi e impattanti i palazzi, dicono, rispetto alle loro casette. “Era meglio che restasse tutto com’era” è la conclusione. Forse dimenticando che fino a due anni fa dalle finestre vedevano i tetti in amianto della vecchia fabbrica, dalle cui finestre usciva il fumo dei falò improvvisati dai disperati che la abitavano abusivamente. E che da decenni Lizzanella sta agonizzando: un problema anche sociale di cui la circoscrizione si è fatta interprete in ogni sede. Almeno il beneficio del dubbio, al nuovo complesso e alle sue potenzialità forse va dato. Tra qualche mese sarà completato - tempi record e per un cantiere che malgrado le dimensioni non ha dato partciolari noie a nessuno - e a quel punto si potrà dare un giudizio meno superficiale.

 













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