«Io, barista senza slot, felice della mia scelta» 

Nel 2012 Giovanni Torboli, titolare del «Roma», ha rinunciato alle macchinette: «Ho visto amici rovinarsi. Lo Stato accetta l’azzardo ma non le case chiuse...»



RIVA. Le statistiche dicono che nell’Alto Garda, e a Riva in particolare, il gioco d’azzardo (parliamo di slot e video lottery) tocca picchi preoccupanti. 47 milioni di euro “bruciati” nel 2016, oltre la metà (24 milioni) nella sola Riva del Garda, che lo scorso anno “ospitava” 106 apparecchi, ovvero 6,2 ogni mille abitanti. Nonostante vi sia stato un calo rispetto al 2015, a Riva la spesa pro capite è stata di 1.394 euro. Il doppio della media provinciale.

A Giovanni Torboli, titolare del Bar Roma, non sono serviti gli studi e le statistiche per capire che le “macchinette” erano un problema serio. Cinque anni fa, nel dicembre del 2012, è stato uno dei pionieri dei locali pubblici “no slot”, una scelta etica che si è poi diffusa tra molti colleghi (va detto: c’è chi le slot non le ha mai volute e avute). Una decisione presa semplicemente osservando i suoi clienti: «Ho visto persone, e tra queste anche degli amici, che esageravano - spiega Giovanni - qui a Riva ci sono famiglie che con le slot si sono rovinate. Per questo ho detto: “Basta”». E dire basta non è stato neppure tanto semplice. Perché, a parte il minor introito a fine mese («Ci sono esercenti che si pagano l’affitto del locale»), le società che affittano le macchinette sono piuttosto rigide quando si tratta di spegnere l’interruttore: «Con una piccola azienda non ho avuto problemi: gli ho detto che non volevo più l’apparecchio e il giorno successivo lo hanno portato via. Con la Sisal - spiega ancora Giovanni Torboli - sono invece dovute scendere a patti, perché pretendevano il rispetto letterale del contratto. Alla fine ho dovuto accettare di avere una slot in più per un anno per poter chiudere anticipatamente il rapporto». Una scelta che non ha vauto ricadute in termini di clientela («Non ho perso un solo cliente»), ma all’inizio non tutti hanno condiviso la decisione.

Una sorpresa, però, c’è stata: «Dopo aver letto la notizia sul giornale, il titolare della Omkafè per ringraziarci ci ha regalato un cesto».

Giovanni Torboli punta, infine, il dito contro la politica, evidenziando quella che lui ritiene una palese contraddizione: «Non si capisce: permettono che la gente si rovini con il gioco d’azzardo e poi vientano le case chiuse». (g.f.p.)













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