il confronto

Politica, Schuster e Perego a confronto sul “polo liberale”

Uno guarda al centrosinistra, l’altro al centrodestra ma entrambi sono d’accordo sul fatto che essere moderati non significa automaticamente essere liberali 


di Fabio Peterlongo


TRENTO. In un periodo in cui impazzano le ipotesi di “grande centro”, amalgama poco definito capace di farsi ago della bilancia tra sinistra e destra, “Democrazia cristiana” in scala 4:1, due parole ritornano frequenti quando si definisce cosa dovrebbe essere questa “Balenina bianca”: tutti dicono, “dovrà essere liberale e moderata”.

Solo che i due termini sembrerebbero essere mutualmente non sovrapponibili.

È quanto affermano in perfetta sintonia Alexander Schuster e Maurizio Perego: essere moderati non significa automaticamente essere liberali, perché il liberalismo ha idee e valori precisi.

Entrambi, Schuster e Perego, sono avvocati, entrambi liberali, attenti al valore della laicità.

Maurizio PEREGO forza italia spoglio dati elezioni provinciali 2018

Ma se Schuster guarda a sinistra, essendo il coordinatore provinciale di “+Europa”, Perego guarda verso destra, in quanto referente del movimento “Coraggio Italia”, che raccoglie chi vorrebbe un centrodestra meno sovranista e più europeista.

Li abbiamo interpellati e messi a confronto, facendo loro una domanda: può nascere anche in Trentino un polo liberale autonomo o il bipolarismo è ineluttabile?

Schuster delinea in maniera precisa il perimetro delle forze politiche che ritiene autenticamente liberali: «In Italia quasi tutti sono liberali a parole, ma nei fatti la realtà è molto diversa. Per me è liberale chi fa riferimento all’Alde, l’Alleanza liberaldemocratica europea, e queste forze sono +Europa e Radicali italiani, oltre a Team K. Anche il gruppo di Renew Europe ha una chiara impronta liberale: ne fanno parte Italia Viva e Azione».

Tante sigle per una galassia di forze che però non spiccano il volo nei consensi: «Complessivamente il consenso per i partiti di chiara ispirazione liberale è ridotto nei numeri, - ammette Schuster - il che dimostra l’incapacità di creare un polo liberale forte. Se non si aderisce ad uno dei due poli, si finisce per non contare nulla».

Schuster sostiene gli sforzi di creare una rete capace di coinvolgere i liberali a prescindere dalla provenienza politica, come d'altronde era già successo alle elezioni comunali di Trento dove nel 2020 +Europa e Italia Viva avevano presentato un simbolo comune: «Progetti di aggregazione tra le varie forze liberali ci sono e ci proviamo anche in Trentino: ma l’appello deve essere rivolto ai singoli, più che alle sigle politiche. Per me è più facile parlare di liberalismo con la senatrice Conzatti, con Scalfi, con Mario Raffaelli e Luca Leoni, che con le sigle d’appartenenza.

E dobbiamo continuare a parlare anche con i liberali che si collocano nel centrodestra, come gli esponenti locali di Coraggio Italia».

L’idea di un polo liberale autonomo si scontra con la realtà della geografia politica: «Bisogna fare i conti con il contesto dettato dalla legge elettorale», analizza Schuster che si dichiara deluso dal maggioritario, «Preferirei un modello tedesco dove le forze concordano un programma condiviso dopo le elezioni. Ma nel sistema politico trentino» (di impronta maggioritaria) «schierarsi con uno dei poli è un’inevitabile necessità, anche perché è difficile pensare ad un polo liberale insieme alla Lega di Fugatti, che non rappresenta una destra liberale. Si va necessariamente verso il centrosinistra».

Schuster non risparmia una critica agli alleati del Pd: «Se in origine il Pd doveva essere la casa di socialisti, cattolici-democratici e liberali, l’esperimento non ha funzionato, perché per la volontà di tenere insieme tutti, non è riuscito a fare sintesi».

Tra i liberali che guardano verso il centrodestra c’è Maurizio Perego, referente regionale di Coraggio Italia (insieme a Michaela Biancofiore), reduce dalla rottura con Forza Italia, di cui era stato tra i fondatori locali. Perego ritiene che i liberali oggigiorno siano pressoché orfani di una casa politica: «Pd e Lega si definiscono liberali senza esserlo e Forza Italia non è un partito liberale, come ha dimostrato con la contrarietà alle leggi sui diritti civili, come il recente ddl Zan.

Rimango però nel centrodestra, perché sono contrario allo statalismo in economia e sono favorevole ad un ambientalismo improntato alla crescita».

Perego ritiene che il pensiero liberale sia più attuale e diffuso che mai: «Lo vedo soprattutto tra i giovani. C’è una diffusa sensibilità liberale e ecologista, come dimostra il referendum sull’eutanasia, che nel centrodestra sono stato l’unico a sostenere, e l’attualità del tema green economy, ovvero della capacità di coniugare la tutela dell’ambiente con la crescita economica».

Un elettorato d’opinione che per Perego non ha rappresentanza e che non va confuso con un’area genericamente “moderata”: «I liberali parlano di diritti civili, di economia non statalista, di riduzione delle tasse, di riconoscibilità Lgbt, di un ambientalismo che non sia quello dell’impossibile “decrescita felice”. Un liberale non è un moderato, ha un insieme di idee e valori precisi.

Non credo nemmeno nelle aggregazioni neo-centriste come quella proposta da Piccoli, Dellai e Carli, loro sono tutto ma non liberali, sono legati ad un vecchio mondo che non c’è più». Perego è scettico sulle possibilità che un polo autenticamente liberale cresca al punto da farsi autonomo: «Il problema è il sistema elettorale, è difficile sfuggire al bipolarismo. Attualmente il male minore è prendere parte ad una delle grandi aggregazioni, portando i nostri fondamenti valoriali. E io sono convintamente nel centrodestra, anche se su alcune battaglie mi sento lasciato solo».

Perego riflette sulla sua separazione da Forza Italia, che avrebbe da tempo abbandonato il suo retaggio liberale: «La Forza Italia della prima ora era piena di professori e professionisti, di radicali, di sostenitori dei diritti civili, poi ha subito un’involuzione. Lo si è visto a partire dalla vicenda di Eluana Englaro» (quando Berlusconi si oppose al lasciar morire la trentanovenne in coma irreversibile da diciassette anni commentando “potrebbe avere un figlio”, ndr).

«E allo stesso modo sul tema delle droghe leggere. Per chi vuole farsi portavoce di queste sensibilità ci sono delle praterie politiche».













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