Raccolta abiti usati, torna il problema della legalità 

Mentre sulle porte delle case viene ciclicamente promossa, Taffara (Pd) chiede al Comune di fare chiarezza sulle norme che regolano questa pratica di riciclo


di Roberto Gerola


PERGINE . Riproposto il problema del conferimento degli abiti usati “a livello stradale” nel senso che vengono effettuate raccolte da parte di privati attraverso avvisi apposti sulle porte d’ingresso. In proposito è stata presentata un’interrogazione da parte di Marina Taffara (Pd) con la quale si chiedono delucidazioni e soprattutto di fare chiarezza dal punto di vista della regolarità.

In sostanza, dopo aver illustrato la “pratica” per la raccolta si chiede: se queste raccolte sono illegali o legali, ed eventualmente da chi sono autorizzate, visto che l’attività di raccolta, trasporto e stoccaggio di materiali quali gli indumenti usati può essere svolta solo da soggetti autorizzati dal Comune o dall’ente di gestione pubblica; se sono mai stati effettuati dei controlli e se sì, che tipo di risultato hanno portato; se il cittadino che lascia quei sacchi sui marciapiedi è passibile di sanzioni, considerato che quando l’indumento usato non viene donato ad un soggetto abilitato (come possono Pergine Crea della Cs4 o la Caritas), va trattato come un rifiuto soggetto alla normativa; cosa il Comune abbia programmato per scoraggiare l’utilizzo di raccolte poco trasparenti e per informare il cittadino circa il rischio di infiltrazione della malavita in questa filiera, anche in considerazione del fatto che l’Amnu ha previsto degli spazi dedicati alla raccolta degli indumenti usati nei centri di raccolta. Taffara fa riferimento al fatto che a livello nazionale si è scoperto che «buona parte delle donazioni di indumenti usati che i cittadini fanno per solidarietà, finiscono per alimentare un traffico illecito dal quale camorristi e sodali di camorristi traggono enormi profitti».

Il problema era sorto anche l’anno corso e ne avevamo parlato, a proposito dei contenitori gialli posti su aree private che sono in gran parte spariti, all’interno di cortili o piazzole nelle dirette vicinanze di strade o piazze.

Amnu spa era intervenuta nei confronti di quanti avevano su spazi esterni di proprietà, i contenitori per la raccolta di abiti usati, avvertendoli che la raccolta era sostanzialmente abusiva secondo la normativa nazionale, perché “rifiuti” o prodotti sottratti alla gestione da parte di Amnu incaricata e soprattutto anche attrezzata a svolgere il servizio. Tra l’altro, Amnu aveva anche spiegato che la raccolta di vestiti o materiale simile potevano contribuire a limitare le tariffe/aliquote per un possibile ritorno economico dalla operazione di riciclo.













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